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La possibile cura per il Coronavirus da un farmaco per il tumore alla prostata

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-16

L’ipotesi fisiopatologica è completamente diversa da quelle che caratterizzano le sperimentazioni in corso. “Contro Covid-19 mancano cure specifiche e allora, in attesa di un vaccino o di antivirali disegnati ad hoc su questo agente patogeno, si tentano altre strade, utilizzando l’armamentario farmacologico disponibile”

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La Fondazione per la Ricerca Biomedica Avanzata onlus, attraverso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) e in collaborazione con l’Università di Padova ha identificato un nuovo approccio farmacologico per fermare l’avanzata del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19. Il gruppo di ricerca guidato da Andrea Alimonti, professore ordinario di farmacologia nell’Ateneo patavino afferente al Dipartimento di Medicina, ha sviluppato un’ipotesi promettente che parte da un farmaco contro il tumore della prostata. L’ipotesi sta per essere ufficializzata dalla Fondazione per la ricerca biomedica Onlus-Istituto Veneto di medicina molecolare in una pubblicazione sul ‘New England Journal of Medicine’. L’ipotesi fisiopatologica è completamente diversa da quelle che caratterizzano le sperimentazioni in corso. “Contro Covid-19 mancano cure specifiche e allora, in attesa di un vaccino o di antivirali disegnati ad hoc su questo agente patogeno, si tentano altre strade, utilizzando l’armamentario farmacologico disponibile. I meccanismi determinanti nella progressione del carcinoma sono gli stessi che permettono al coronavirus di infettare le cellule attaccandosi a un enzima della superficie – ricostruisce l’articolo – Questo meccanismo d’azione si chiama proteasi e viene contrastato nei pazienti oncologici con la somministrazione di ormoni anti-androgeni capaci di bloccare la produzione del testosterone. I ricercatori sono partiti da un’osservazione: nessuno dei malati trattati a Padova con questi farmaci aveva sviluppato l’infezione da Sars-CoV-2. L’indagine si è estesa a tutto il Veneto, con il supporto della Regione”.

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“Abbiamo visto che su 130 pazienti con tumore alla prostata colpiti da Covid-19 nessuno seguiva questa terapia mentre fra le persone trattate con anti-androgeni nessuna è risultata positiva”, spiega Francesco Pagano, presidente della Fondazione. Questo spiegherebbe anche perché il virus responsabile dell’epidemia colpisce in misura maggiore gli uomini di una certa età: “Quella in cui comincia a manifestarsi l’ipertrofia prostatica e diventa più facile per l’enzima, il TMPRSS2, penetrare nelle cellule, causandone l’alterazione”, aggiunge Pagano. Il centro padovano è all’avanguardia negli studi traslazionali dove la ricerca di base e l’applicazione clinica procedono di pari passo. Il gruppo coordinato dal farmacologo Andrea Alimonti si è focalizzato sulle forme più aggressive del tumore alla prostata. “Gli inibitori dell’enzima TMPRSS2 sono diversi. C’è il camostat, attualmente disponibile solo in Giappone. In Italia abbiamo la bromexina, farmaco molto comune utilizzato contro la tosse. Costa pochi euro ed è largamente disponibile”, aggiunge Alimonti. Partecipa al progetto anche Sara Richter, virologa e microbiologa del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova che sta studiando in laboratorio l’effetto dei farmaci ormonali sul coronavirus. Si potrebbe provare a testare farmaci che hanno meccanismi analoghi ma minori effetti collaterali. I risultati definitivi sono attesi a giorni, Alimonti spera di pubblicare presto dati incoraggianti per approfondire questa linea di ricerca: “Abbiamo avuto un confronto con i colleghi di Wuhan che supportano le nostre ipotesi. Riferiscono di aver tra i malati di Covid-19 pochi pazienti con tumore alla prostata che invece, come immunodepressi, si dovrebbero ammalare più facilmente”.

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