Il reddito agli Spada, le case popolari ai Casamonica

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-08

Dopo gli Spada tocca ai Casamonica. La maledizione del cognome che diventa un precedente penale, che vale per la famiglia di Ostia che ieri si è vista negare il reddito di cittadinanza dal ministro Di Maio, investe anche i parenti della famiglia sinti abruzzese si ritrovano a venire indicati sui media come richiedenti di alloggi …

article-post

Dopo gli Spada tocca ai Casamonica. La maledizione del cognome che diventa un precedente penale, che vale per la famiglia di Ostia che ieri si è vista negare il reddito di cittadinanza dal ministro Di Maio, investe anche i parenti della famiglia sinti abruzzese si ritrovano a venire indicati sui media come richiedenti di alloggi popolari ma senza il diritto di farlo in base a motivazioni misteriose:

Al Caf di viale Paolo Orlando, a Ostia, dove sono stati richiesti i modelli Isee degli Spada, non rilasciano dichiarazioni. «Non si può parlare, ogni assistito ha diritto alla riservatezza. I nostri dati sono sensibili e protetti dal segreto professionale. Non si possono rivelare i nomi dei richiedenti», spiegano al numero verde del patronato Fnp-Cisl di Roma.

D’altra parte, lo scorso gennaio all’ufficio delle politiche abitative del Campidoglio sono arrivate le domande di una casa popolare da parte di 27 famiglie rom di cui 7 targate Casamonica. Tutte, a vario titolo, componenti del clan residente al Quadraro e sfrattate a novembre. Senza più una casa, con figli a carico e redditi bassi se non inesistenti. Almeno all’apparenza.

Ogni domanda presentata ha un solo obiettivo: ottenere la casa comunale. Il sogno di molti: canoni bassi e «una volta dentro non ti butta fuori nessuno». E al Comune di Roma altro non hanno potuto fare che inserire i Casamonica nelle graduatorie per l’assegnazione. Del resto il piano è stato concepito dalla sindaca Raggi per dare una sistemazione dignitosa a quanti vivono in condizioni ai limiti.

In realtà la storia delle proteste della politica risalgono al 2015, quando di giunta ce n’era un’altra: anche lì all’epoca c’era un assessore che denunciava lo scandalo – Stefano Esposito, che aveva la delega ai trasporti – e gli uffici che gli spiegavano che è impossibile negare un diritto in base al sangue. La parte divertente della vicenda è che sono le leggi attuali a garantire la possibilità di chiedere il reddito di cittadinanza e le case popolari. I politici, invece, sono quelli che hanno il potere di cambiare quelle leggi. Non lo fanno, però si lamentano delle case popolari ai Casamonica o del reddito di cittadinanza agli Spada. Ma non sarà una presa per il culo?

Leggi sull’argomento: I membri dei clan di camorra chiedono il reddito nel Napoletano

Potrebbe interessarti anche