Opinioni
Bye bye, Kazakhstan
Vincenzo Vespri 25/10/2019
Sto rientrando in Italia. Bella esperienza, forse più interessante che bella. E’ una giovane nazione non abituata alle esigenze di un turista quadratico medio e quindi non offre quelle facilities che nazioni più evolute (dal punto di vista dell’accoglienza turistica) offrirebbero. Sapevo di deserti dove le rocce sono state modellate in modo strano, della fauna […]
Sto rientrando in Italia. Bella esperienza, forse più interessante che bella. E’ una giovane nazione non abituata alle esigenze di un turista quadratico medio e quindi non offre quelle facilities che nazioni più evolute (dal punto di vista dell’accoglienza turistica) offrirebbero. Sapevo di deserti dove le rocce sono state modellate in modo strano, della fauna e flora del Tian Shan, di allevamenti di cammelli e dromedari, ma non c’era nessuna indicazione (utile ad un turista) per raggiungere tali interessanti destinazioni. Sono un popolo nomade, fiero di esserlo. Con rapporti privilegiati con montoni, pecore, cammelli e cavalli. Mangiano la loro carne e bevono il loro latte (il latte di cammella non è male, quello di cavalla un po’ acido anche se molto saporito). Lo studente di dottorato che ci ha accompagnato ci ha detto che suo padre ha 20 cavalli. Ne macellano uno all’anno per nutrire tutta la famiglia (come si faceva da noi con il maiale). Ovviamente il cavallo che usano per cavalcare è risparmiato dal macello. Il loro sport nazionale è il buzkashi, due squadre a cavallo si contendono una carcassa di capra per fare meta nel campo avversario. L’ospite, come per tutte le culture nomadi, è sacro. E offrono una quantità di cibo spropositato che si deve mangiare. L’altra sera ero l’ospite d’onore e ho dovuto tagliare per tutti (e anche mangiare) una testa di pecora. Il loro piatto nazionale è il besbarmak: enormi fette di cavallo su grandi fettuccine. Tutto accompagnato da vodka o da cognac o da latte di cavalla. Forse l’aspetto più impegnativo di un viaggio in Kazakhstan è proprio quello “digestivo”.
Altra cosa che uno capisce subito è che il Kazakhstan avrà nei prossimi anni un boom economico. Non solo è ricchissimo nel sottosuolo ed è in una posizione strategica (tutto il traffico via terra dall’Asia all’Europa non può passare che di là) ma investe moltissimo nell’istruzione (le Università hanno splendide infrastrutture e gli stipendi dei docenti universitari possono essere decisamente competitivi con quelli dei paesi più avanzati) e la gente unisce l’intelligenza pratica dei mercanti con il calore e l’ospitalità dei popoli dediti alla pastorizia. Inoltre, a differenza di quello che sosteneva Tiziano Terzani, è molto cambiata la politica e la struttura dello stato. Certo, soprattutto in quell’area, ci sono esempi “folkloristici” di culto della personalità. Mi hanno raccontato di un libro scritto da un Presidente del Turkmenistan (il Ruhnama) che era oggetto di esame obbligatorio per gli studenti di ogni ordine e grado. Di un’intera biblioteca destinata a contenere il solo Ruhnama (tutte le edizioni e tutte le traduzioni). Sempre in Turkmenistan di una statua (raffigurante il Presidente?) che ruota per essere sempre rivolta al sole. In Kazakhstan parlando con la gente si capisce che amano l’uomo forte: Stalin è amato molto di più di Gorbachev, per loro Papa Giovanni Paolo II era un vero Papa (mica quel pappamolle di Papa Francesco..). Pur prendendo atto di questo, i partiti socialisti che governano questi stati sono molto cambiati rispetto al vecchio PCUS. Secondo me la differenza principale è che applicano sì anche loro il motto del PCUS che ciascuno deve dare secondo le proprie possibilità e ricevere secondo le sue esigenze, ma con una piccola e importante precisazione: se uno non dà niente non riceve niente.
Questo mette ai margini un 5% della popolazione (quella più povera e che per questo aiutarla costerebbe di più) e permette di aiutare, con i soldi risparmiati, il ceto medio, medio basso. Ora la politica di aiutare i “penultimi” non solo crea una base di consenso più vasto (le persone appartenenti al ceto medio-medio basso sono molto di più dei poveracci) ma rende la politica di questi paesi estremamente simile a quella della nostra destra sociale. Sarà il paradigma del futuro dimenticarsi degli ultimi per aiutare i penultimi? Secondo me non è improbabile un simile sviluppo. E’ giusto aiutare il 5% della popolazione non avendo poi le risorse per aiutare un 50% della popolazione? E’ giusto investire in assistenzialismo se poi non si hanno soldi per offrire borse di studio per ragazzi meritevoli ma poveri? Però poi non ci si deve lamentare che ci sono pochi laureati, che l’istruzione non funziona più da ascensore sociale, etc etc. Ritornando a un caso effettivamente capitato in Italia (proposta Formica di qualche anno fa), il posto di lavoro lo dobbiamo offrire ai contrabbandieri per redimerli o a persone che sono state sempre oneste e che non trovano lavoro? Non ci sono risorse sufficienti per aiutare gli ultimi e i penultimi, si deve scegliere. Le giovani Repubbliche dell’Eurasia hanno chiaramente scelto i penultimi. E questa è la discontinuità rispetto al passato. Stalin tra i poveri mugiki e i poco meno poveri kulaki, scelse di proteggere i mugiki. Adesso, per il Governo Kazako, sono i kulaki a rappresentare il proletariato da difendere. Da notare che i “bianchi” difendevano i kulaki e i “rossi” a difendere i mugiki. Adesso sono i rossi di una volta a difendere i kulaki a discapito dei mugiki…come avrebbe fatto lo Csar.. E in Italia cosa sceglieremo? I mugiki o i kulaki? E soprattutto faremo una scelta? O continueremo a portare avanti politiche contraddittorie (quota 100, lotta all’evasione ma non troppo, reddito di cittadinanza, cuneo fiscale, accoglienza ma non troppo) che non scontentano all’inizio nessuno ma alla fine neanche accontentano nessuno?
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