Brunetta, Di Maio e Lotti: i furbetti delle missioni

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-01-18

Il Fatto racconta il malcostume più in voga dei deputati: dileguarsi dai lavori d’Aula risultando assenti giustificati mentre si sta in giro a fare campagna elettorale, presenza in tv, inaugurazioni di negozi. Con due casi principe

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Thomas Mackinson sul Fatto di oggi racconta di un diffusissimo malcostume in voga tra i parlamentari: ovvero di quelli che si dileguano dai lavori d’aula e commissione per farsi i fatti propri o del partito, avendo però cura di farsi pagare come se fossero lì. Sotto la lente c’è l’utilizzo della “missione”, ovvero dell’istituto previsto dal regolamento della Camera che permette ai “deputati che sono impegnati per incarico avuto dalla Camera, fuori della sua sede o, se membri del governo, per ragioni del loro ufficio” di essere “computati come presenti per fissare il numero legale”.

Brunetta, Di Maio e Lotti: i furbetti delle missioni

Chi è in missione percepisce quindi per intero la diaria, ovvero 3500 euro netti al mese, oltre allo stipendio: i deputati e i senatori ricorrono alle missioni per rimanere negli uffici (si spera, a lavorare) oppure ancora per fare campagna elettorale: così risultano presenti, o meglio assenti giustificati, mandando un fax che il servizio assemblea registra; tanto nessuno controlla.

Perché nessuno denuncia questo andazzo? Perché troppi ne beneficiano, a volte per “missioni” assai poco probabili sulle quali i vertici di Montecitorio chiudono gli occhi e pure le orecchie: abbiamo chiesto più volte all’Ufficio di presidenza e al Servizio assemblea di poter consultare le richieste che hanno autorizzato al fine di verificare la rispondenza tra l’oggetto della missione dichiarata e la reale natura degli impegni poi svolti dai deputati fuori dal Parlamento. Non li abbiamo mai ricevuti, neppure sollecitando segreterie e portavoce di alcuni parlamentari. Ecco cosa è emerso da ricostruzioni empiriche, sulla base dei resoconti d’aula e delle cronache di giornata.

luigi di maio missioni
Tra questi c’è proprio lui: Luigi Di Maio:

È l’esponente dei Cinque Stelle che più si è speso nella battaglia sulle indennità dei deputati. Per questo ha subito anche l’affondo di Renzi alla vigilia del voto: “Ha il 37% delle presenze, perché non gli diamo allora il 37% dello stipendio?”. Avrebbe potuto anche querelarlo, il vicepresidente della Camera, perché quel dato è falso: con il 55%dimissioni la sua presenza in Parlamento schizza all’88%. Altro che assenteista. E allora: “Sc us i Di Maio, querela Renzi?”. L’esponente M5S –a cui abbiamo formalmente chiesto spiegazioni per sei date, da luglio a oggi –non risponde, forse per stile o forse perché sa che le missioni dichiarate sono spesso fittizie e raramente aderenti al dettato del regolamento della Camera che lui ben conosce, essendone vicepresidente. La libera uscita, per titolari di cariche interne, dovrebbe essere “per incarico connesso con l’esercizio di funzioni istituzionali”. Gli impegni espletati però sono di altra natura, prettamente politica. Per la quale sarebbe stato più corretto indicare l’as se nz a anziché la missione.

E gli altri furbetti della missione 

Ma Di Maio è la punta di un iceberg: il Fatto ricorda la simpatica abitudine di Valentina Vezzali, beccata spesso in palestra invece che in Aula; mentre Michela Vittoria Brambilla, ufficialmente in missione il 4 maggio 2016, era ad inaugurare un negozio pet friendly a Modena. Poi c’è il famoso braccio destro di Renzi: Luca Lotti, deputato e neo ministro dello Sport, in tre anni e mezzo è stato più in missione (77%) che in aula (13,58%), tanto da collezionarne più lui del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (65%): «Tra le tante c’è anche quella di salvare il Pd da se stesso, catapultandosi sui circoli in fermento, che catalogare traquelle “in ragione del proprio ufficio”, come recita il regolamento della Camera, è arduo. Eppure il Servizio Assemblea registra la “presenza ” e la trasmette agli uffici per le competenze parlamentari, che pagano la diaria piena».

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Luca Lotti, di professione sottosegretario

E non poteva mancare Renato Brunetta: capogruppo di FI, missionario storico (83% di missioni, 5 di assenze e 11,7 presenze) e presenzialista catodico. Non si sa cosa facesse nei giorni in cui si dichiarava in missione. Ma di certo era in tv. Quanto costa il giochino in totale? Ottanta milioni di euro l’anno, versati dall’Ufficio per le competenze parlamentari.
EDIT: La lunga replica di Luigi Di Maio all’articolo del Fatto sulla sua pagina Facebook:

Stamattina mi viene dato del “furbetto che si fa pagare per finta missione”.
Questo non è assolutamente vero e vi spiego perché.
Cosa significa essere in missione per un Vicepresidente della Camera:
1) Nelle date in cui è previsto che presiedano l’Assemblea, i Vicepresidenti vengono collocati automaticamente in missione per l’intera giornata, in quanto al di là dei turni, possono subentrare in qualsiasi momento alla presidenza a seconda delle necessità. Pertanto anche quando il turno riguarda solo la mattina o il pomeriggio e mi alterno con un altro Vicepresidente della Camera, per l’altra metà sono comunque in missione. In quelle giornate svolgo anche altro genere di attività politiche.
2) La verifica della presenza dei deputati in Aula, ai fini dell’eventuale ritenuta sulla diaria, avviene solo in occasione delle votazioni. Quindi, la missione è una giustificazione dell’assenza, rilevante ai fini della diaria, solo nel caso in cui queste siano previste. Il 17 ottobre e il 21 ottobre – date citate dall’articolo in questione – non si sono svolte votazioni in Assemblea, quindi non vedo quale vantaggio avrei potuto trarre dalla missione. Il 16 ottobre era addirittura domenica.
3) Richiedo la missione anche per incontrare ambasciatori, per preparare la seduta della settimana dopo, per ricevere dirigenti e personale della Camera, per organizzare le sedute del Comitato che presiedo, per le visite istituzionali, per le missioni in rappresentanza della Camera.
In questi casi, la regola alla Camera è che la missione non venga concessa ad ore, bensì per tutta la parte antimeridiana e/o pomeridiana della seduta. Ovvero resto comunque in missione, qualora, dopo quelle istituzionali, dovessi partecipare ad attività successive che non siano esclusivamente istituzionali. È il caso del 2 novembre.
Inoltre ricordo che in 4 anni ho restituito allo Stato Italiano, tra rimborsi che non utilizzo e indennità varie, oltre 282.000 euro. Nel MoVimento 5 Stelle facciamo così.

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