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«Brexit, la sospensione del parlamento di Boris Johnson è illegale»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-24

La Corte suprema britannica ha deciso che la sospensione del Parlamento voluta dal premier Boris Johnson è “illegale, nulla e senza effetto”.

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Una volta l’Italia era la barzelletta d’Europa, poi per fortuna è arrivata la Brexit: la Corte suprema britannica ha deciso che la sospensione del Parlamento voluta dal premier Boris Johnson è “illegale, nulla e senza effetto”. Lo ha dichiarato la presidente della Corte, Lady Hale, comunicando la sentenza unanime degli undici giudici della Corte. I deputati chiedono ora di riprendere “al più presto” i lavori della Camera dei Comuni.

«Brexit, la sospensione del parlamento è stata illegale»

Lo speaker dimissionario della Camera dei Comuni, John Bercow, ha quindi chiesto che “I lavori in Parlamento riprendano subito, senza ulteriori ritardi”. Gli undici giudici hanno deciso all’unanimità che la decisione di Johnson che ha chiesto alla regina di sospendere il parlamento per cinque settimane fino al 14 ottobre, due settimane prima della Brexit, è “illegale, nulla e senza effetti”.

supreme court brexit boris johnson

Il parlamento britannico potrà quindi essere riconvocato “il più presto possibile”, ha sottolineato la Corte suprema britannica, dopo aver stabilito che la sospensione decisa fino al 14 ottobre dal premier, Boris Johnson, è “illegale”. “Spetta al Parlamento, e in particolare ai presidenti delle due Csmere, decidere cosa fare dopo. A meno che non vi siano regole parlamentari di cui non siamo a conoscenza, possono adottare misure immediate per consentire a ciascuna Camera di essere riconvocata”, ha stabilito la corte.

La richiesta di dimissioni di Boris Johnson

E ora fioccano le richieste a Johnson di farsi da parte. La prima a parlare di dimissioni come “la prima cosa decente” che Johnson dovrebbe fare è stata Joanna Cherry, deputata indipendentista scozzese dell’Snp, in prima fila in uno dei ricorsi presentati contro la sospensione. Secondo Cherry, il verdetto stabilisce che “nessuno, neppure un monarca, è al di sopra della legge”. Voci in favore delle dimissioni arrivano anche dal Labour, mentre per la leader liberaldemocratica Jo Swinson, “Johnson non è adeguato a fare il primo ministro”. Esulta anche Gina Miller, l’attivista pro Remain promotrice di un altro dei ricorsi, secondo cui la sentenza non è politica, ma fa valere la legge e ripristina “lo stato di diritto”.

Anche secondo Jeremy Corbyn Boris Johnson dovrebbe “riconsiderare” la sua posizione. Ovvero dimettersi. Corbyn parla di un verdetto “storico” che certifica “il disprezzo del Parlamento” di Johnson. Quest’ultimo adesso rischia un’incriminazione.

Cosa succede dopo la bocciatura

La sentenza non ha in sé modificato i poteri del primo ministro a questo riguardo, spiega il Guardian, ma sicuramente li ha limitati. Boris Johnson non potrebbe tentare di chiudere nuovamente per un lungo periodo le camere senza trovarsi nella posizione di chi di fatto commette oltraggio alla corte. Potrebbe anche darsi che, in presenza di una richiesta così evidentemente illegale, la Regina dica no o almeno minacci di farlo (anche se – si sottolinea – questo implicherebbe un coinvolgimento della Corona nella politica che non si è visto da un secolo o più). Ma la sentenza non chiude la strada ad una breve sospensione, normale, di pochi giorni, a ridosso del discorso della Regina.

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Il secondo quesito riguarda il suggerimento dato da Johnson alla regina. Le ha mentito? La Corte Suprema non ha accettato la tesi del governo secondo cui la sospensione non aveva nulla a che vedere con una limitazione della libertà di movimento dei parlamentari sulla Brexit e sulla sua attuazione. Ma non ha accusato il premier di aver mentito alla Regina. Johnson ha negato con forza di aver mentito, anche se non si sa esattamente cosa abbia detto in privato alla Regina sui suoi piani. Infine una domanda sull’impeachment. E’ possibile? No, quasi certamente, risponde il Guardian. L’impeachment è ora considerato obsoleto. Meno chiaro è cosa accadrebbe se Boris Johnson decidesse di sfidare lo spirito o la lettera della legge. Voci provenienti da Downing Street hanno già lasciato intendere che non esclude di aggirare il Benn Act voluto per costringerlo a chiedere un rinvio del divorzio da Bruxelles in assenza di un accordo entro il 19 ottobre. E allo stesso modo ora potrebbero esserci persone che a Downing Street cercano di capire come aggirare questo giudizio. Non è chiaro cosa potrebbe accadere, anche se secondo il parere di un ex procuratore capo, in caso di oltraggio alla Corte Johnson potrebbe rischiare il carcere. Più probabile è però il caso per cui se Johnson dovesse tentare di violare la legge, parte del governo e della pubblica amministrazione incrocerebbe le braccia, si dimetterebbe o comunque non lo seguirebbe su una strada di illegalità.

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