Opinioni
La rissa tra Bonini e Travaglio sui troll di Mattarella
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-08-10
Botta e risposta velenosissimo tra il giornalista di Repubblica e il direttore del Fatto, autore di “un grammelot fascistoide di quelli con cui normalmente gratifica i reprobi di turno scelti per la bastonatura”
Siccome è agosto, è abbastanza normale che scatti una rissa tra giornalisti. Ed è abbastanza normale che scatti tra i giornalisti di Repubblica e del Fatto. Qui però scendono in campo due pesi massimi. Da una parte Marco Travaglio, direttore del quotidiano, e dall’altra Carlo Bonini, storico partner di Giuseppe D’Avanzo che in tempi non sospetti era stato protagonista di una famosa rissa proprio con Travaglio, conclusa con il mirabile “Ciuro che non te lo spiego più” che ancora rimbomba nelle stanze di Largo Fochetti. Ieri Travaglio ha scritto un editoriale in cui metteva alla berlina i giornali che avevano parlato dell’attacco troll contro Mattarella della fine di maggio scorso, dopo il no del Quirinale a Paolo Savona ministro dell’Economia. In particolare, l’ultima parte del testo era tutta dedicata a Repubblica e a Carlo Bonini, autore dell’articolo sulla vicenda, che però non veniva nominato.
Repubblica , mentre autosmentisce una settimana di titoli sulla Russia con una sola frasina (“gli account utilizzati per le campagne di influenza dei russi della Internet Research Agency di San Pietroburgo hanno cessato di operare nell’autunno scorso”, dunque solo “mani italiane”), monta un’intera pagina su una notizia sensazionale: in Italia i siti dei fan 5 Stelle rilanciano i messaggi di Di Maio e degli altri 5Stelle. Roba forte.
Non solo: le critiche a Mattarella furono “un assalto squadrista”(ti po quelli di Repubblica a Leone e Cossiga) finalizzato nientepopodimenoché a “eccitare la coscienza del Paese”. Accipicchia. E chi è stato? “Consolidati network di condivisione di contenuti para-giornalistici di segno sovranista, piuttosto che populisti”. Mecojoni. E non è mica finita: “Sono evidenti le stimmate e la regia politica”. Perbacco: le pagine Fb di “quelli che si dicono 5S”chiedevano l’impeachment di Mattarella. Chi l’avrebbe mai detto?
Una addirittura postava una domanda dal chiaro contenuto eversivo: “Siete d’accordo con Di Maio che invoca la messa in stato d’accusa di Mattarella?”.E qualcuno osò financo rispondere, non so se mi spiego. Seguono i nomi dei putribondi mandanti: “Tale Piergiorgio, alias ‘Pierre’ Cantagallo”,“Grande Cocomero classic” (il nostro preferito), “tale Francesco Camillo Soro” da Las Palmas. E ho detto tutto. Che si aspetta ad arrestarli, fustigarli, convertirli in appositi campi di rieducazione? L’Anti terrorismo non ponga altro tempo in mezzo.
Travaglio conclude il pezzo ironizzando su un altro articolo, uscito mesi fa su Repubblica, ma la risposta di Bonini su Repubblica di oggi parte proprio dal Metodo Travaglio di Giuseppe D’Avanzo, ovvero dall’articolo scritto dieci anni fa dal compianto giornalista d’inchiesta:
Scriveva Giuseppe D’Avanzo nel 2008: «Il nostro amico (Travaglio ndr) sceglie un comodo, stortissimo espediente. Si disinteressa del “vero” e del “falso”. Afferra un “fatto” controverso (ne è consapevole, perché non è fesso) e lo getta in faccia agli spettatori lasciandosi dietro una secrezione velenosa che lascia credere. (…) Il “metodo Travaglio” e delle “agenzie del risentimento” è una pratica giornalistica che, con “fatti” ambigui e dubbi, manipola cinicamente il lettore/spettatore. Ne alimenta la collera. Ne distorce la giustificatissima rabbia per la malapolitica.
È un paradigma professionale che, sulla spinta di motivazioni esclusivamente commerciali (non civiche, non professionali, non politiche), può distruggere chiunque abbia la sventura di essere scelto come target (gli obiettivi vengono scelti con cura tra i più esposti, a destra come a sinistra)». Quindi concludeva: «Anche Travaglio può essere travolto dal “metodo Travaglio”.
Travaglio — temo — non ha alcun interesse a raccontarvelo (ecco la sua insincerità) e io penso (ripeto) che la sana, necessaria critica alla classe politico-istituzionale meriti onesto giornalismo e fiducia nel destino comune. Non un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile che può contaminare la credibilità di ogni istituzione e la rispettabilità di chiunque».
E poi Bonini riporta tutto all’attualità, puntando il dito contro il “grammelot fascistoide di quelli con cui normalmente gratifica i reprobi di turno scelti per la bastonatura. Ora con la storpiatura del cognome, ora con un profluvio di locuzioni mascella in fuori (“mecojoni”). Ragione per cui si potrebbe continuare ad ignorarlo, abbandonandolo al solitario e narcisistico esercizio proprio di chi si nutre ormai di soli ritagli di giornale, sapientemente manipolati a sostegno di una tesi”. :
2008-2018. Dieci anni dopo, ritroviamo Travaglio folgorato dai 5 Stelle e dalla Casaleggio Associati. E la politica del risentimento che si è fatta maggioranza e governo del Paese. Il metodo è dunque questa volta dispiegato a sostegno dei nuovi padroni. Secondo il solito schema. Vediamo.
Repubblica, per prima, dà conto il 30 maggio di quest’anno di quanto accaduto sulla rete social di Twitter nella notte tra il 27 e il 28 maggio. Non cita mai né la Russia di Putin, né la fabbrica dei troll di San Pietroburgo con cui è stata intossicata l’elezione del Presidente degli Stati Uniti (una quisquilia per il nostro opinionista) e di cui si è pure occupata. Due mesi dopo, il sito americano FiveThirtyEight riferisce che dei 3 milioni di tweet cinguettati dalla fabbrica delle fake news di Putin ve ne sono 18.254 in lingua italiana.
La notizia, ripresa da molti giornali italiani, viene messa insieme alla tweetstorm contro Mattarella. Un errore che Repubblica non commette, continuando a tenere distinte le due vicende (Quirinale e troll russi) che, allo stato, distinte sono. La Procura di Roma apre un’indagine. Travaglio frulla il tutto e, ieri, fa dire a Repubblica quel che Repubblica non ha mai scritto (Putin dietro l’aggressione a Mattarella), mescolando titoli e ritagli di giornali diversi su due storie diverse, articoli su carta e notizie on-line.
Una manipolazione necessaria al sabba di pernacchie che deve convincere che questo giornale ha prima pubblicato falsi, si è quindi «autosmentito» e, di fatto, partecipa a una campagna liberticida contro la Rete per ossequio codino a Mattarella. Nel merito — l’integrità del dibattito pubblico rispetto alle manipolazioni in Rete — non una parola. È una questione di cui in fondo discutono l’intero Occidente e gli stessi giganti della Rete. A «mecojoni» non importa un fico secco. O forse si è perso qualche ritaglio di giornale.