Alexis Tsipras: chi scherza con il fuoco della Grecia

di Faber Fabbris

Pubblicato il 2017-02-12

Mentre Cameron, Renzi, Hollande si sono dissipati, mentre Dijisselbloem e persino la Merkel paiono ormai in bilico, Tsipras è rimasto al suo posto. I dirigenti che lo hanno a lungo considerato la ‘pecora nera’ da isolare, farebbero forse meglio a considerarlo come il loro più prezioso alleato

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Una chiave di lettura semplice ma efficace della crisi greca si può trovare nella questione del debito. È questa la cartina di tornasole dell’atteggiamento politico delle ‘istituzioni’ verso il governo Tsipras; quando ci si avvicina al tema centrale della riduzione del debito, ecco che gli scudi si levano, i sondaggi annunciano disastri, i media si orientano tutti come polvere di ferro in un campo magnetico (naturalmente contro l’esecutivo greco). Tutto il resto è quasi secondario. Ed infatti rieccoci di nuovo ad un clima di tensione e di minaccia verso la Grecia.

Il debito greco è insostenibile

Riepilogo dei fatti salienti: il Fondo Monetario Internazionale, che non ha ancora sciolto la riserva sulla sua partecipazione al finanziamento del ‘programma greco’ (quello del luglio 2015, 86 miliardi di euro) ha chiaramente detto, in un rapporto filtrato il 27 gennaio scorso, che il debito greco è ‘gravemente insostenibile’; ha quindi raccomandato un periodo di grazia sui rimborsi, un allungamento delle maturità (anche se non un taglio nominale, ma di fatto con effetti equivalenti) ed un cambiamento di politiche economiche, più orientate agli investimenti. Washington considera d’altra parte insostenibili avanzi primari del 3,5% dal 2019 in poi (benché l’accordo Atene-Istituzioni arrivi fino alla fine 2018, è questo lo scenario di base assunto da Commissione, BCE e EFSM). Perché qualcuno non pensi che l’FMI abbia infine ritrovato la ragione, il fondo raccomanda comunque di ‘allargare la base d’imposizione’ (indovinate un po’ verso quali fasce di reddito) e di attivare una clausola ‘zero deficit’, cioè tagli automatici in caso di scarto dalla traiettoria di bilancio.
tsipras grecia
Paradossalmente, la presa di posizione così chiara ed esplicita dell’FMI ha suscitato irritazione e disagio da questa parte dell’Atlantico, con Dijisselbloem che si è spinto addirittura a definire come ‘datato’ il rapporto del Fondo, e ad elogiare la credibilità e gli sforzi del governo greco. La posizione di Washington mina in effetti la credibilità del programma Europeo, che considera raggiungibile una situazione di equilibrio sul debito e possibili vasti avanzi primari. Si sarebbe sul piano della disputa accademica, ma in realtà si tratta di una questione molto più concreta, perché se il FMI non approva l’analisi europea, e il piano che ne consegue, non parteciperà al suo finanziamento, scaricando il barile definitivamente ai soli europei (quanto pesi in questo atteggiamento la linea della nuova amministrazione Trump, non è per il momento chiaro capire). Le divergenze fra Bruxelles e Washington sono d’altra parte emerse chiaramente con la seduta plenaria dell’FMI, il 6 febbraio scorso, che ha esaminato il rapporto sul debito greco. Leggendo il resoconto della riunione (insolitamente esplicito sui dissensi interni), si apprende che “alcuni direttori” non consideravano appropriata l’analisi del rapporto, e che non ritenevano dunque necessario né un taglio del debito, né l’aggiustamento degli avanzi primari. Il lettore avrà capito chi siano gli “alcuni” cui si allude.

La guerra totale della Germania

Che la vulgata sia in crisi, lo dimostra comunque il portavoce dell’FMI, che se con la mano destra chiede di riformare pensioni e abbassare la soglia di esenzione fiscale, con la sinistra è obbligato a sostenere che il Fondo ‘non chiede ulteriore austerità alla Grecia’. Wolfgang Schaeuble, che come al solito brilla per la larghezza delle vedute e la profondità delle analisi, ha riproposto l’8 febbraio scorso la consueta antifona: ‘la Grecia non ha concluso le riforme concordate’; ‘i greci hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità’; ‘se Atene vuole una riduzione del debito, deve uscire dall’Eurozona’, prospettando parallelamente una area Euro a due velocità. Sarà che la CDU pare cominci a perdere terreno; sarà che l’inossidabile Angela comincia a presentare invece tracce di ruggine (affiora ormai concretamente un ‘sorpasso’ dell’SPD ai danni dei democristiani), ma il ritorno all’attacco del ministro delle finanze tedesco tradisce un certo nervosismo nei ranghi di comando europei. Tanto che poche ore dopo una Merkel rassicurante ribadiva la necessità di un’area euro omogenea e coordinata, senza ‘categorie’ interne, quasi smentendo il suo ministro.

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Wolfgang Schaeuble

Questo in brevi tratti lo scenario della ‘seconda valutazione’ (la prima si era conclusa il 24 maggio), ossia l’accordo in seno all’Eurogruppo che deve constatare l’applicazione delle misure concordate e procedere alla seconda fetta di finanziamento del programma. Tra rimandi, ingiunzioni, contrasti tra FMI ed UE , la scadenza si trascina ormai da ottobre scorso. Per la Grecia è importante che si pervenga quanto prima ad una soluzione, perché il rimando ulteriore riaprirebbe il ciclo di incertezze e convulsioni che giunto all’acme nell’estate 2015. In effetti, nonostante le difficoltà colossali nelle quali ha dovuto operare, il governo Syriza è riuscito a invertire parzialmente la rotta su più di un fronte economico e finanziario: la disoccupazione ha subito un lieve calo (-2%, restando comunque vertiginosa); le entrate fiscali sono andate meglio del previsto (permettendo anche un supplemento una tantum sulle pensioni minime); il PIL ha ripreso a crescere (+0,4% e +0,8% sul II e III trimestre 2016). Resta un precipizio da risalire, ma la tendenza è visibile.

La strategia di Tsipras

Tutto il terreno riguadagnato, però, potrebbe essere rapidamente perduto: la conclusione della valutazione diventa quindi decisiva per scongiurare l’interruzione del (pur timido) ciclo virtuoso dell’economia greca.
Ovviamente la produzione di un clima di incertezze e paure (nuovo referendum sull’accordo, minacce di Grexit, insolvenza di Atene sulle prossimi rimborsi del debito, in luglio) permette speculazioni non solo politiche, ma anche letterali. Una delle date importanti è il 20 febbraio, riunione dell’Eurogruppo che potrebbe sbloccare la situazione. Per prepararla Dijisselbloem ha convocato il 10 febbraio i rappresentanti di Commissione, FMI e il ministro delle finanze greco Tsakalotos. Secondo quanto filtra da stampa e comunicati ufficiali, americani ed europei avrebbero infine presentato una posizione comune alla Grecia, centrata sull’avanzo primario al 3,5% e sui tagli automatici in caso di sforamento. Non pare si sia pervenuti ad un accordo, anche perché la legislazione ex ante è in contrasto con la costituzione greca, e il governo Tsipras ha più volte ribadito la sua contrarietà a questa prospettiva.

Euclid Tsakalotos con Varoufakis

Probabilmente i negoziati continueranno ‘sottobanco’ fino al 20 febbraio: la Grecia spera di riuscire a fare leva (come nel maggio scorso) sulle prospettive divergenti dei suoi creditori, strappando da una parte concessioni sul debito, dall’altra un’orientamento più espansivo sulle politiche economiche (magari accompagnato dall’accesso al QE della Banca Centrale Europea, che Draghi ha dichiarato possibile). È in questo complesso paesaggio degli eventi che si è tenuto ieri il Comitato Centrale di Syriza. Il partito ha seguito finora Tsipras anche a costi politici enormi, e il primo ministro greco conosce le attese dei suoi concittadini. Si è mostrato quindi particolarmente esplicito e all’offensiva: “Anche se qualcuno spera il contrario, la seconda valutazione sarà conclusa, e conclusa positivamente. Senza cedere su questioni di principio e su diritti acquisiti a livello europeo”. Tsipras allude al fronte di ulteriori deregolamentazioni sul diritto del lavoro, richieste dalle frange più apsre dei creditori. “Oggi vediamo in Europa le forze estreme del liberismo perdere terreno. Dobbiamo tener conto di questa nuova realtà, ma anche dei cambiamenti tettonici a livello internazionale. La partita è interamente aperta”. Tsipras ha poi attaccato la destra greca, guidata da Ciriaco Mitsotakis, “al quale non interessa sapere se e come la Grecia possa uscire dal guado, ma che cada il governo e, prendere il potere. Gli ricordo però che per arrivare all’obiettivo non basta essere gradito ai creditori, ma bisogna avere la fiducia del popolo greco”. Riferendosi poi a Schaeuble, ha dichiarato: “chi gioca all’Europa a due velocità, gioca con un cerino davanti alla porta di una polveriera”. “Invito il cancelliere Merkel -ha aggiunto – a scoraggiare il suo ministro delle Finanze dall’attacco continuo contro la Grecia e le sue allusioni sprezzanti. Il periodo pre-elettorale in un Paese non può condizionare la vita politica di un altro. Non so se la revisione sarà completata con l’Fmi che alla fine ha un ruolo di finanziamento relativo, ma la revisione sarà completata perché l’Europa non può permettersi di scherzare con il fuoco”.

La partita greca nell’agenda europea

Le scadenze elettorali giocano in effetti molto sull’agenda politica europea, ma non necessariamente in maniera univoca. Se la probabile sconfitta del Partito Socialista alle prossime elezioni francesi priverà Tsipras di un alleato timido e non sempre coerente, in Germania i rapporti di forza tra democristiani e socialdemocratici evolvono a favore degli ultimi. E Tsipras vuole cogliere gli elementi positivi della situazione: “In Francia, la collaborazione fra la sinistra e i socialisti [che hanno scelto come candidato Hamon, molto a sinistra sullo scacchiere politico, e intenzionato ad allearsi con il PCF e il Parti de Gauche, n.d.r.] può creare una dinamica nuova. La prospettiva di una Sinistra di cambiamento in Europa e nel mondo resta aperta”. Il primo ministro greco è quindi deciso a resistere -come del resto ha fatto tenacemente finora – per proiettarsi verso il futuro: “Sono certo che riusciremo a portare il Paese, la società fuori dalla crisi. Dopo sette anni di buio è arrivato il momento di progettare insieme la Grecia del post-memorandum”. Mentre Cameron, Renzi, Hollande si sono dissipati, mentre Dijisselbloem e persino la Merkel paiono ormai in bilico, Tsipras è rimasto al suo posto. I dirigenti che lo hanno a lungo considerato la ‘pecora nera’ da isolare, farebbero forse meglio a considerarlo come il loro più prezioso alleato.

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