“Il profilo delineato per l’indebitamento netto, anche alla luce degli oneri necessari al rifinanziamento delle politiche invariate (missioni di pace, pubblico impiego, investimenti), richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità”: lo scrive il ministro dell’Economia Giovanni Tria nel Documento di Economia e Finanza, secondo il racconto di Carlo Di Foggia sul Fatto. Poche righe sotto si capisce cosa intende: “La copertura delle maggiori spese in conto capitale e il miglioramento del saldo strutturale nel 2022 verranno conseguiti tramite riduzioni di spesa corrente che, grazie a un programma di revisione organica della spesa pubblica, salirebbero da 2 miliardi nel 2020 (ammontare invariato rispetto al 2019) a 5 miliardi nel 2021 e 8 miliardi nel 2022”.
Il Fatto spiega che in quattro anni si tratta di 17 miliardi di tagli, ben superiori ai 13,5 inseriti nelle bozze circolate nei giorni scorsi. Tutto a copertura dell’aumento degli investimenti pubblici previsto dalla scorsa manovra. È il compromesso con Bruxelles su cui poggia il documento che fa da base alla manovra di autunno.
Il Tesoro conferma il congelamento nel 2019 dei 2 miliardi i tagli ai ministeri concordato con l’Ue – che comprendono voci assai delicate, come i fondi per imprese, Università e Trasporti –e lo estende al prossimo anno.
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