La dinamica dei fatti di Voghera (e quello che non si capisce ancora)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-07-22

Oggi la Procura deciderà se confermare la misura degli arresti domiciliari nei confronti dell’Assessore Leghista Massimo Adriatici. Nel frattempo emergono testimonianze sulla lite, prima dialettica e poi fisica, culminata in quel colpo fatale partito dalla pistola dell’esponente del Carroccio

article-post

La lite, la pistola e la doppia ipotesi: colpo partito per errore o (eccesso di) legittima difesa? Dopo l’arresto di ieri mattina dell’Assessore alla Sicurezza del Comune di Voghera, oggi la procura deciderà se confermare la misura cautelare dei domiciliari nei confronti di Massimo Adriatici reo, secondo l’accusa emersa dalle prime indagini, di aver ucciso un uomo – il 39enne di origini marocchine, Youns El Boussetaoui – al culmine di una lite fuori da un bar della cittadina in provincia di di Pavia.

Voghera, la ricostruzione della lite tra l’assessore e l’uomo ucciso

A oltre 24 ore da quanto accaduto, gli inquirenti sono alle prese con l’analisi del racconto dell’assessore finito ai domiciliari – con l’accusa derubricata da omicidio volontario con arresto in flagranza a eccesso di legittima difesa, come rimodulato nella notte tra martedì e mercoledì – e quello dei testimoni che hanno assistito allo scontro verbale e poi fisico tra Adriatici e il 39enne. Perché, secondo quanto trapela da fonti investigative citate da Il Fatto Quotidiano e da Il Corriere della Sera, le telecamere di video-sorveglianza installate nella zona sono orientate in un’altra direzione e, quindi, non hanno ripreso quanto accaduto in piazza Meardi attorno alle 22.30.

E le stessi fonti investigative raccontano di perplessità sul racconto fatto dall’assessore di Voghera. Adriatici, infatti, ha spiegato agli inquirenti di esser intervenuto fuori un bar del centro città per redarguire il 39enne che – anche secondo alcuni testimoni – stava infastidendo gli ospiti seduti ai tavolini. Da lì è arrivata la minaccia di chiamare le forze dell’ordine e la reazione di Youns El Boussetaoui che avrebbe spinto il politico. E proprio in quel frangente, secondo il racconto dell’uomo al centro dell’inchiesta, sarebbe partito un colpo accidentale provocato propio da quella spinta.

Sta di fatto che questa narrazione, come evidenziano Corriere e Fatto, va in contrasto con il concetto di legittima difesa (e dunque anche con l’accusa di eccesso di legittima difesa). Perché un conto è l’essere intervenuti con l’arma da fuoco per rispondere a una “minaccia eguale alla reazione”, un altro è imbracciare la pistola calibro 22 (semiautomatica e senza sicura) già armata con il classico “colpo in canna”. Un proiettile che ha colpito la vittima al petto e l’ha uccisa poche ore dopo, nonostante l’arrivo dei soccorsi.

(foto: IPP)

Potrebbe interessarti anche