Scuola e università: cosa succede dopo il 3 giugno e perché non va affatto bene

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2020-05-26

E’ veramente triste che il 3 Giugno si apra tutto in Italia ma scuole ed università rimangano chiuse. Sui media si sta parla molto delle scuole chiuse, ma solo perché la chiusura delle scuole non consente la funzione di babysitting che è tanto apprezzata dai genitori con figli piccoli. Si parla anche del concorso per …

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E’ veramente triste che il 3 Giugno si apra tutto in Italia ma scuole ed università rimangano chiuse. Sui media si sta parla molto delle scuole chiuse, ma solo perché la chiusura delle scuole non consente la funzione di babysitting che è tanto apprezzata dai genitori con figli piccoli. Si parla anche del concorso per stabilizzare 32 mila insegnanti precari. Per me la scuola non è solamente un posto per parcheggiare i figli piccoli o un modo per contrastare la disoccupazione di laureati in materie umanistiche. E’ necessario che si debba ri-iniziare a parlare della funzione culturale che si viene a perdere. Come faranno questi bimbi delle scuole elementari ed i ragazzi delle medie a recuperare le esperienze e tutti gli aspetti culturali che stanno perdendo in queste settimane e mesi? E se si continuasse così anche da settembre prossimo? I ragazzi e le famiglie per adesso sono contente. Il 6 politico non lo si negherà di certo a nessuno, ma i danni sulla preparazione dei nostri studenti sono già enormi e lo diventeranno ancora di più, se questa tendenza non si invertirà al più presto.

scuola chiusa coronavirus

Che disastro la lezione solo on-line! Si perde quel contatto fra ragazzi, studenti e docenti che è l’anima della lezione. La lezione non è solo un insieme di contenuti che si possono trasferire su di un libro e on-line. Sì, la lezione è anche un insieme di contenuti, ma c’è la carica di energia che il docente comunica insieme ai contenuti e c’è la Curiosità (con la C maiuscola) del ragazzo e della ragazza che vuol sapere di più su un nuovo argomento, magari sopraggiunto inaspettato, magari “voglio sapere” come va a finire, vediamo “come si fa”, come si risolve. E in questo, nella curiosità suscitata, e non nella lezioncina uguale a quanto scritto sul libro che si può misurare la bravura del docente. Da studente all’Università mi ricordo il mio docente di Analisi Matematica, il Prof. Sergio Spagnolo. Quando spiegava la lezione, ricostruiva di volta in volta la dimostrazione affrontata. La dimostrazione non era mai quella lineare (quella che si trova sui libri), ma si andava avanti, ci si accorgeva che le ipotesi non andavano bene, si ritornava indietro per cambiarle e si vedeva se, con quelle assunzioni, la dimostrazione poteva concudersi. Era un ensiero non terso, ma in questo modo, grazie a lui, non grazie ai libri, non solo ho imparato a fare Matematica ma ho anche imarato ad amarla.

universita fase 2 dal 4 maggio

Adesso sono io l’insegnante. Cerco sempre di trasmettere l’idea. Come andare al di là del libro di testo. Questo tipo di didattica mi costa fatica e costa fatica agli studenti. Molti di loro preferirebbero che leggessi le slides copiate dal libro di testo. Una parte di loro è invece entusiasta. Ho insegnato ad Informatica e pur essendo io un Matematico, mi hanno scelto come relatore di tesi. E’ bellissimo quando ti accorgi che ti cercano per andare oltre. L’insegnamento non può ridursi solo a lezioni on-line. Spesse volte la didattica a distanza (lezioni esami e ricevimenti) è un pallido surrogato di quella in presenza, e questo lo sanno tutti, a cominciare dagli studenti. La prova è che (almeno da me) ricevimenti e tutorati online vanno spesso deserti, e chissà cosa penseranno i miei allievi quando si collegano per le mie lezioni (Io sono sbadato e ogni tanto sbaglio un segno o una parentesi, di solito i ragazzi non me ne fanno passare una, adesso stanno sempre zitti come statue). E anche qui si osserva il “doppio standard” tipico del mondo accademico: in privato, ogni professore che sento dice che è un disastro, che finché non si torna in aula, il lavoro è pressoché inutile; in pubblico, rettori e autorità accademiche e politiche magnificano la didattica a distanza e non fanno mistero di volerla rendere sistemica anche dopo l’epidemia. Certo, è più comoda, nessuno fa causa all’ateneo se si becca un raffreddore, non bisogna illuminare e riscaldare grandi aule, e anche molti di noi non disprezzano l’agio di lavorare da casa in pantofole. Ma è questo che vogliamo essere?

lista università riaprono e come
La lista delle università che riaprono e come (Il Sole 24 Ore, 11 maggio 2020)

Io credo che sarebbe opportuno cominciare a parlarne. Parlarne in molti, per arrivare a coinvolgere anche i livelli decisionali più alti, che in questo periodo ricevono spinte e suggerimenti disordinati da più parti e che spesso non tengono in considerazione i progetti a lungo termine, i progetti a più lungo respiro, l’avvenire dei giovani dal punto di vista della loro crescita culturale e di coordinamento con la società in cui stanno entrando. Sì, sarebbe opportuno parlarne per non rendere inevitabile che questo tipo di lezioni on-line diventino lo standard della didattica del futuro . Certo, alcune attività on-line dovranno necessariamente continuare anche a settembre, ma non tutte. Certo alcune attività potranno essere sempre fatte on-line (penso alle riunioni di Dipartimento). Certo le lezioni in presenza potranno essere rafforzate da una attività online, ma non devono essere sostituite acriticamente da quelle on-line. Noam Chomsky nelle 10 regole del controllo sociale diceva che un modo per far accettare una decisione impopolare è quella di aspettare un evento per presentarla come dolorosa e necessaria, e poi renderla permanente.

lucia azzolina rainews

 

Inoltre noi docenti siamo impreparati per le lezioni on-line (non abbiamo avuto né corsi di formazione e né strumenti informatici in dotazione) come pure gli studenti. Inoltre per loro vale il digital divide. Nelle scuole, i ragazzi dei ceti sociali più bassi, reagiscono peggio. Il loro tasso d’abbandono scolastico è altissimo. Dobbiamo combattere cntro questo disastro: la scuola e l’università sono importanti per il futuro del Paese, molto più importanti dell’aperitivo, della movida e della discoteca. Il messaggio di chiudere praticamente a tempo indeterminato le scuole e le università è devastante. Le lezioni online, fatte senza adeguati strumenti, senza adeguata preparazione e senza adeguata programmazione, saranno, nella maggior parte dei casi, una fatica inutile per l’insegnante e un disastro per l’allievo. Per favore fermiamoci finché siamo in tempo. Non precipitiamo nel burrone della ignoranza e della impreparazione i nostri giovani che sono sia il nostro futuro che la nostra speranza.

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