The Italian Lockdown – Cronache da un Paese in Quarantena: 4. Temptation

di Lorenzo Favella

Pubblicato il 2020-03-14

Giovedì, 12 marzo 2020. “Poi non dire che non te l’avevo detto.” Cosa mamma cosaaa??? “L’investimento in quel pub, a Roma, era un rischio. Ma tu… Devi sempre fare di testa tua, vero? Solo che alla fine i rischi si pagano!” Avrei voglia di cancellarle quel sorrisino di bocca, stendendola con un tegame in piena …

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Giovedì, 12 marzo 2020.

“Poi non dire che non te l’avevo detto.”
Cosa mamma cosaaa???
“L’investimento in quel pub, a Roma, era un rischio. Ma tu… Devi sempre fare di testa tua, vero? Solo che alla fine i rischi si pagano!”

Avrei voglia di cancellarle quel sorrisino di bocca, stendendola con un tegame in piena faccia. Sono tre giorni che sono qui, con mia madre, che avrei dovuto accudire, visto l’età che c’ha, ma va sempre peggio.
La casa è piccola, non c’è un balcone, faccio fatica a respirare, anche a telefonare, che quella sente tutto, poi vuole sapere con chi parlavo, cosa ho detto e perché e percome e chi è quel tipo, lo conosco? Ah no, è la tua amica, quella del pub giù a Roma, che io i soldi te li ho dati ma lo sapevo che non avrebbe funzionato e ora che dovete stare chiusi, fino a quando non si sa, come farete? Insomma, uno sfinimento.

“Mamma, i soldi te li ho già restituiti.”
“Una parte. Non tutti.”
“Te li restituirò, lo sai.”
E poi scusa, mi verrebbe da dire, che ci devi fare con i soldi, alla tua età?
“Anche Luciano, tuo fratello, ha diritto alla sua parte.”

Ogni santa mattina, ha già pronta la lista della spesa. Io provo a dirle che ai negozi c’è la fila, si entra in pochi alla volta ed è meglio andare a certi orari, che se no tocca aspettare fuori una vita, ma lei non ci sente.
Vuole che le cose vengano fatte al mattino, quando c’è più gente, e poi non fai in tempo a tornare a casa, che già si è dimenticata qualcosa e tocca rifare tutto da capo, anche solo per due mele o un ciuffo di ravanelli.

chiusura parchi assembramenti coronavirus - 2

Però, cucina bene. Di questo non mi posso lamentare, tanto che non appena riesco vado a farmi una corsetta al parco per smaltire le calorie in eccesso.
Oggi ho beccato Stefania, la Cinese, quella che abita al piano di sopra. Andavamo a scuola assieme, da ragazze, ma col tempo ci siamo un po’ perse di vista.
Mi racconta che prima andava spesso a Shangai, ma ultimamente riesce a mandare avanti il lavoro da qui. L’ultima volta che è stata in Cina, sarà stato a novembre e ancora nulla faceva presagire quello che sarebbe accaduto.
“Ma la gente, là, che dice?”
“Che dice… Sai, io non parlo cinese, i rapporti di lavoro li risolviamo in inglese, ma la comunicazione è tutta molto basic. Comunque, da quel che ho letto, il picco dei contagi pare sia sceso.”
“Questo l’ho letto anch’io, ma ci si può fidare?”
“Io penso di sì. La Cina sta cambiando, anzi, è cambiata da un pezzo, ormai. Ho un amico che tempo fa lavorava in pianta stabile a Pechino e mi diceva dello smog che c’era in città. Lui abitava in una zona un po’ fuori dal centro, dove ci sono tutti gli expat stranieri. Era preoccupato per le sue figlie piccole, che a lungo andare sarebbero cresciute respirando quell’aria marcia. Le autorità all’inizio negavano il problema, parlavano di propaganda americana, poi a poco a poco i casi di malattia polmonare hanno preso ad aumentare e hanno affrontato il problema.”
“E hanno risolto?”
“Pare di sì. Ma io a Pechino ci sono stata una volta sola. Per visitare la Città Proibita. Sai, quella del film di Bertolucci, l’Ultimo Imperatore.”

Con Stefania, da ragazze, ci piaceva tanto andare al cinema. Fin da quando eravamo piccole piccole. Ricordo quelle domeniche pomeriggio, quando entravi tipo alle due, tre del pomeriggio, e se il film ti piaceva, lo vedevi due volte di fila e la sera uscivi fuori che era già buio.
Ora, i cinema sono chiusi. Ci si arrangia con Netflix.

“Un mese fa, prima che chiudessero tutto, sono andata al Rosebud, per vedere l’anteprima di questo film, il Lago delle Oche Selvatiche. Pensa che è ambientato proprio a Wuhan.”
Il Rosebud! Esisteva ancora… Una sala comunale, a Reggio Emilia, che ancora resisteva, nonostante tutto. Prima del corona virus, ovviamente.
“E com’era sto film?”
“Boh, a me non è che sia piaciuto poi tanto, ma a Salvatore sì.”
Salvatore è il suo compagno. Gli avrò stretto la mano un paio di volte, quando ancora ci si poteva stringere la mano, e mi era piaciuta la sua stretta. Franca e sincera. Una bella persona, mi è sembrata.
“E’ una storia ambientata nei bassifondi, storie di criminalità. Ci sta sto tipo che ha ammazzato un poliziotto, non sa dove andare e si fa a aiutare da una prostituta.”
“E come va a finire?”
Stefania è scoppiata a ridere.
“Non me lo ricordo. Mi sono addormentata!”

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Tutto questo, mentre corricchiamo nel parco, tenendoci a un paio di metri di distanza, come ormai è la norma, in questi tempi di zona rossa, anche se in televisione seguitano a chiamarla arancione e fa un po’ ridere.

“Salvatore mi ha fatto notare che un film così, fino a qualche anno fa, non avrebbe mai avuto il visto della censura. Non rappresenta certo una Cina da esportazione…”
Non ho visto il film, ma capisco cosa intende. In effetti, fino a qualche anno fa, gli unici film cinesi che si vedevano qui in Italia erano quelli di Zhang Yimou, che spesso erano ambientati in epoche remote.
“A proposito, visto che disegni abiti ad hoc per i tuoi clienti, ti è mai capitato di vestire Gong Li?”
“Magari! Anche se è da un po’ che non ne sento parlare. Ma tu dovresti vedere alcune delle mie clienti del jet-set di Shangai. Spendono cifre assurde, non so nemmeno bene cosa fanno nella vita, ma riescono sempre ad introfularsi in qualche red carpet!”

Di colpo, ecco che ci passa al fianco sto tipo che è già la seconda volta, oggi, e non è nemmeno la prima volta. Lo incrocio sempre, ogni volta che vengo a fare una corsetta al parco.
Saluta, con un cenno della mano, e fila via, come ormai fanno tutti.
Life during wartime.

Stefania risponde al saluto.
“E’ un tuo amico?” chiedo.
“Ma sì, certo, è Giulio! Non lo riconosci?”
Giulio… ma pensa te!

Piccola parentesi finale.

Giulio è quello con cui ho cominciato a suonare. Nella mia prima band. The Shining Trip. Abbiamo anche inciso un pugno di dischi autoprodotti, che non hanno mai venduto un cazzo, ma ci hanno permesso di suonare in giro, oltre i soliti locali, qui in Emilia. Centri Sociali, soprattutto. Ricordo ancora un concerto al Leoncavallo di Milano, prima che lo sgomberassero. Figo.

Non ci ho solo suonato, con Giulio. Me lo sono scopato a nastro.
E sono giorni, ormai, che ho la passera in fiamme.

Saluto Stefania e mi rimetto le cuffiette. La prima canzone che parte è di Tom Waits. Senza nemmeno chiedermi perché, prendo a correre in direzione di Giulio.

“Teeemptation – canta quello svalvolato di Tom – Teeeeemptation…”

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