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Sondaggi e voti: dove e come si vincono le elezioni in Emilia-Romagna
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-01-22
Nella regione rossa per eccellenza è da tempo in atto un’erosione del consenso del centrosinistra e un’avanzata sempre più forte del centrodestra. Ma con una peculiarità, confermata da sondaggi e voti
Nelle mappe elettorali dell’Emilia-Romagna che pubblica oggi La Stampa c’è tutto il movimento di voti che ha caratterizzato la Regione in questi anni dove progressivamente è avanzata la Lega ed è arretrato il Partito Democratico. Nella regione rossa per eccellenza è da tempo in atto un’erosione del consenso del centrosinistra e un’avanzata sempre più forte del centrodestra. Ma con una peculiarità, confermata da sondaggi e voti: nelle grandi città il consenso del PD è sempre a livelli superiori rispetto a quello della Lega; in provincia invece è il Carroccio a prevalere sulla sinistra.
E così dal 2014 la Regione ha cambiato colore altre due volte: alle politiche del 2018 si è tinta di giallo (primo partito il M5S), mentre poco meno di un anno fa il verde della Lega si è imposto alle Europee (prima col 33,8% contro il 31,2% del Pd). Da Piacenza e Parma, le aree “bianche” dove negli anni ha attecchito il centrodestra moderato, ai territori della Romagna, con il riminese e Cesena che potrebbero scegliere il candidato del M5S (Simone Benini), indebolendo il centrosinistra. «Se il centrodestra vuole spuntarla deve ridurre il distacco sui grandi centri urbani», commenta con il quotidiano il politologo e ricercatore dell’Istituto Cattaneo Marco Valbruzzi.
Ecco perché tra sondaggi e voti la partita si gioca tutta in quattro città che domenica sera faranno da sensori per capire l’impatto dell’onda leghista: Bologna, Ravenna, Modena e Reggio Emilia. Lo scontro politico è di nuovo tra il centro (i capoluoghi rimasti “rossi”) e la periferia (le province dove il centrodestra leghista si è già affermato). Sullo sfondo i temi della campagna elettorale, dalla sanità all’autonomia regionale (invocata da entrambi i candidati), passando per le singole istanze locali. In gioco non c’è solo il governo della Regione. Ma molto di più.
«La partita si gioca a Reggio Emilia e a Bologna», diceva Lucia Borgonzoni in un video rubato all’ultimo congresso della Lega. Sono le due province in bilico. A Reggio, lo schema è quello solito: la provincia è più o meno leghista, specie la fascia appenninica; nel capoluogo regge il Pd. Però anche il risultato delle ultime amministrative è double face: è vero che la città ha rieletto il sindaco Pd, Luca Vecchi ma, per la prima volta nella storia, il candidato del partito (una volta non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di precisare quale) è stato costretto al ballottaggio.
In tutta la provincia, i tesserati sono passati da 20 a poco più di tremila; e quest’anno non si è nemmeno fatta la Festa dell’Unità che poi qui, tale era l’identificazione fra città e partito, si chiamava FestaReggio. In più, Reggio è la provincia di Bibbiano. Salvini & Co. stanno usando il presunto scandalo dei bambini scippati alla famiglie come un martello per pestare sul Pd; Bonaccini e i suoi ribattono accusandoli di sciacallaggio. Sta di fatto che «Bibbiano» è stata forse la parola più pronunciata dell’intera campagna elettorale. E che Salvini andrà proprio lì, domani, a pre-chiudere la sua.
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