Opinioni
Ho sedici anni e muoio d’ecstasy
di Giuseppe Giusva Ricci
Pubblicato il 2017-07-31
#Dedicato ad Adele, povera vittima, purtroppo inconsapevole del fatto che alla sua età non c’è nulla di più furiosamente vitale della disperazione. “Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla Terra sa […]
#Dedicato ad Adele, povera vittima, purtroppo inconsapevole del fatto che alla sua età non c’è nulla di più furiosamente vitale della disperazione.
“Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla Terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti.” Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma, 1975.
…se hai sedici anni e ‘mangi’ droghe chimiche sei già morto; solo che cammini, ti annoi di un benessere che non meriti (forse perché genitori stronzi te lo hanno regalato da sempre), studi solo perché ‘devi’ farlo e senza istruirti o formarti, consumi merci e libertà da schiavo contemporaneo.
…se hai sedici anni e ‘mangi’ droghe sei uno stolto perché nel 2017, da adolescente (o altro), dovresti aver intuito la malvagità del sistema che appunto ti vuole mansueto e sottomesso al mistificato mito del divertimento, al reazionario culto del giovanilismo, al consumo di te stesso, a una noia vuota che invece non può esistere viste le infinite possibilità di arricchimento culturale-spirituale che hai grazie al progresso e alla disponibilità che la modernità, dopo tutto, concede.
… se a sedici anni qualcuno è così stolto, la sconfitta è storica e collettiva. Perché quel giovane è figlio/a di tutti, non solo dei suoi procreatori genetici. E avete voglia Voi ad amare i vostri bambini come fossero di vostra appartenenza, come fossero sacri ed eletti, come fossero appendici e prolungamenti della vostra persona egoista: è solo l’imperativo del mostruoso AVERE (tutto) che vi sottomette ancora una volta, che v’illude ancora; è solo l’ennesima porzione del ‘giardino dell’avidità’ che produce morte al suo difuori.
[Sorvolo sull’uso funzionale delle benzodiazepine legali e utili a milioni di ‘beautiful people’ per continuare a guardarsi allo specchio senza provare ribrezzo per quel mostro riflesso…]
Le droghe (come l’alcool) sono elementi cardine sul quale il Sistema (economico-politico) dei Dominanti poggia per reggersi e imperare, e lo fa reiterando il gesto del carnefice, ti uccide in continuazione, soggiogando intere masse giovanili e non, non uccidendo biologicamente, ma elaborando un moderno genocidio collettivo delle capacità mentali e di critica, dunque della Libertà di pensiero e di emancipazione rivolta a un’autonomia dell’esistenza derivante anche dalla consapevolezza di chi siano i veri nemici.
Chi crede di ottenere più “vita-lità” da sostanze esterne (che non sia poco più di una leggera ebbrezza che non inficia la personalità e la salute) è intellettualmente spento, dunque il servo più utile del Potere che volontariamente rimane immobile di fronte all’auto-asservimento/auto-distruzione di chi in fondo potrebbe tamponare il potere stesso e concedere Progresso al consorzio umano.
L’Insensatezza generalizzata e il Caos che il Sistema riesce a legittimare per mezzo delle sue armi (industria-culturale e mass media), agiscono perfettamente sul confuso, abbattuto e vacuo senso che i giovani individui hanno della loro stessa esistenza… così l’auto-distruzione vien da sé.
L’ennesimo giovane morto è solo la punta dell’iceberg che ogni tanto si rinnova per una casualità statistica anche troppo benevola; quel che cova tra le gioventù meno preparate è un olocausto emotivo pregno di mortale disagio; sorprendente solo il fatto che non sia una strage a ogni fine settimana: come asseriva Ludwig Feuerbach “non è la mia rassegnazione, ma il vostro stupore a dover essere studiato.”
“La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. […] la droga viene a riempire un vuoto […]. Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura – in senso specifico o, meglio, classista – è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso. […] Anche a un livello più alto si verifica qualcosa di simile […] ma stavolta si tratta non semplicemente di un vuoto di cultura, bensì di un vuoto di necessità e di immaginazione. La droga in tal caso serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera. Pier Paolo Pasolini, La droga: una vera tragedia italiana, Corriere della Sera, 24 luglio, 1975.
Si potrebbero portare a processo tutti Ministri dell’Istruzione, della Cultura, delle Politiche Sociali degli ultimi trent’anni, ma sarebbe una stronzata, l’inettitudine non può essere perseguita e colpevolizzata. Siamo di fronte a qualcosa di più immanente, intrinseco e connaturato nella modernità della società industriale, che anche il miglior ministro dell’universo avrebbe forse, in questi decenni, appena potuto scalfire.
Troppe le Inefficienze incancrenite delle agenzie formative (famiglia-scuola), mentre quelle della ‘distruzione’ (società dello spettacolo-intrattenimento, industria culturale) funzionano benissimo, in modo permanente e a pieno regime.
Troppa l’Indifferenza sociale (perché tanto alla mia famiglia non succederà). Banali le Colpevolizzazioni sommarie. Orrenda la Giurisprudenza miope e collaborativa (perché l’illegalità non è deterrente e la giurisdizione è paternalistica, perché il perdonismo e la pseudo-trasgressione sono un invito.)
La vittima sacrificale (per quanto ‘stolta’) sostanzialmente passa in ultimo piano perché i morti fanno utile per i notiziari e solo per un giorno (a meno che qualcuno inizi a vendere T-shirt con il volto della vittima, allora l’utile cresce e gli interessati faranno in modo che il ricordo non svanisca).
Insomma, le morti per droga sono una selezione indotta e gestita non dalla natura ma dai potenti del mondo, con il nostro benestare, con il nostro collaborazionismo.
Forse, come scriveva Albert Caraco (Breviario del Caos, 1982): “I giovani non possono più salvare il mondo, il mondo non può più essere salvato, l’idea di salvezza è semplicemente un’idea sbagliata, e noi dobbiamo pagare i nostri innumerevoli errori, è troppo tardi per riparare ad alcunché, il tempo delle riparazioni è scaduto e quello delle riforme è finito. I più fortunati moriranno combattendo e i più miserabili stipati negli scantinati o accoppiandosi tra le fiamme, per ingannare l’agonia con l’orgasmo.” E se così fosse bisognerebbe stare dalla parte del giovane-che-vuol-perire e perisce, perché forse è così che si sacrifica per scagliare un disperato ultimo grido d’allarme che ci possa salvare, perché è così che non lascia ai Padroni del mondo un altro corpo da sfruttare.