In seguito alle numerose e ripetute scosse di terremoto dei giorni scorsi in un campo agricolo in località Tenna a Santa Vittoria in Matenano (Fermo) si è aperto un “vulcanello” che erutta argilla. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco di Ascoli con gli uomini del Nucleo Nbcr che hanno compiuto delle indagini per verificare se vi siano esalazioni di gas ed eventualmente mettere in sicurezza la zona.
Non è il primo vulcanello comparso nella zona, altri sono stati avvistati a Monteleone (in località S. Maria in Paganico ce n’è uno piuttosto famoso) e Montappone e di per sé i cosiddetti vulcanelli sono un fenomeno piuttosto comune. Non si tratta di veri e propri vulcani, e la fuoriuscita di materiale fangoso e argilloso (ma anche gas metano e altri idrocarburi allo stato liquido o gassoso) non è paragonabile all’attività vulcanica propriamente detta ma di “vulcanesimo sedimentario” dal momento che ciò che viene espulso dalla spaccatura generata dal vulcanello non proviene dalle profondità della crosta terrestre ma dalla risalita di acqua e gas sotto pressione che trovano la via della superficie attraverso discontinuità strutturali del sottosuolo. Generalmente, ed è anche il caso del vulcanello di Santa Vittoria in Matenano, l’eruzione avviene in maniera effusiva (ovvero con una colata di fango più o meno liquido in base alla presenza d’acqua) ma in caso ci sia una grande presenza di gas possono verificarsi anche eruzioni “esplosive” (naturalmente vista la portata del fenomeno si tratta di piccole esplosioni che gettano in aria il materiale fangoso).
la liquefazione dei sedimenti è uno dei fenomeni idrogeologici più evidenti che possono essere causati da un terremoto in zone come pianure alluvionali (riempite da depositi fluviali) e piane costiere. Nei depositi limosi e sabbiosi non consolidati e saturi di acqua (che è incomprimibile), lo scuotimento sismico può causare il trasferimento della pressione dai contatti fra i granuli del sedimento all’acqua interstiziale (presente fra un granulo e l’altro). Quando un simile deposito si trova confinato tra due strati impermeabili (limi e argille ad esempio), la pressione dell’acqua cresce sino ad un punto critico sorpassato il quale annulla la pressione tra i granuli e tutto il deposito (sedimento più acqua) si comporta come un fluido ovvero si liquefà. Per sfogare questa pressione in eccesso il deposito liquefatto cerca una via di fuga spingendo verso zone a minore pressione ovvero verso l’alto, attraverso fratture o condotti, di neoformazione o preesistenti, sia naturali che artificiali (pozzi per l’acqua ad esempio). In superficie, la liquefazione si manifesta con vulcanetti di sabbia/limo, frequentemente allineati lungo le fratture di risalita.
Dal momento che le agenzie riportano che dalle informazioni acquisite dai Vigili del Fuoco, sembra che in quel punto del terreno siano state fatte a suo tempo prove per verificare la presenza di petrolio (circostanza che non è stata confermata) qualcuno ha già iniziato a fare collegamenti con i “pozzi” in Emilia Romagna e a parlare di fracking.
Foto di copertina via Facebook.com credits Stefano Cori