Politica
Quale legge elettorale per il voto
di Mario Neri
Pubblicato il 2017-08-14
Un accordo sul sistema tedesco oggi è improbabile. Il voto porterà a un nulla di fatto: si andrà verso un governo di larghe intese
Tutti assicurano che tra i capitoli che saranno affrontati con certezza alla riapertura del parlamento dopo le vacanze ci sarà la legge elettorale (dal 6 settembre in commissione), così come più volte sollecitato anche dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. E così la riforma del sistema di voto sarà tra i dossier caldi in Commissione Affari costituzionali della Camera, dove il testo è stato rinviato dopo il flop in Aula a giugno. Il Presidente della Commissione Affari costituzionali, Andrea Mazziotti, ha più volte evidenziato che un eventuale accordo dovrà essere “ampio e preciso” in ogni dettaglio, per evitare nuovi naufragi, e che dovrà riguardare anche i passaggi al Senato. Il Corriere della Sera riepiloga in questa infografica i termini della questione: la legislatura scade a marzo 2018, il parlamento ha circa sei mesi per approvarne una nuova. Se non si troverà un accordo l’unica alternativa sarà armonizzare i sistemi oggi in vigore per la Camera e il Senato.
La legge elettorale attualmente in vigore quindi è quella che più probabilmente porterà l’Italia al voto nel 2018. Senza però dare una maggioranza definita nei due rami del Parlamento. Se la legge non cambierà, si andrà al voto con il cosiddetto Consultellum, ovvero le leggi di Camera e Senato così come modificate dalla Corte costituzionale dopo la bocciatura di Porcellum e Italicum: il premio di maggioranza c’è solo alla Camera e viene assegnato alla lista che superi il 40%. Con un sistema del genere, i singoli partiti sarebbero spinti a correre da soli (o tutti dentro lo stesso “listone”), ma è difficile che qualcuno raggiunga il 40%, dunque dopo il voto è più probabile che si vada verso un governo di larghe intese. Renzi resta per ora fermo sul no al premio alla coalizione: al Nazareno si lavora già, in uno scenario di voto con il sistema attuale, a uno schema di Pd “largo” che abbia tra i suoi candidati dai centristi alla sinistra, insieme a esponenti civici.