“Poteva essere salvato”: la Ausl apre un’inchiesta sulla morte di Michele Merlo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-06-08

Il giovane cantante era stato colpito da una leucemia fulminante, ma nei giorni precedenti al ricovero era stato rimandato a casa dai medici che avevano etichettato i suoi sintomi come quelli di una “banale forma virale”

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Il giorno dopo è quello del dolore e della rabbia. La morte di Michele Merlo, per le sue dinamiche, poteva essere evitata. Lo sostengono gli esperti che sottolineano come la leucemia fulminante (anche se questo aggettivo non è il più adatto per descrivere questa patologia) che ha colpito il giovane cantante, se individuata per tempo, poteva essere curata. Anche per questo motivo la Ausl di Bologna ha avviato un’indagine interna per capire i motivi che aveva spinto i medici dell’Ospedale di Vergato a rispedire il 28enne a casa etichettando quei sintomi come quelli di una “banale forma virale”.

Michele Merlo poteva essere salvato se i medici non lo avessero rimandato a casa

I genitori di Michele Merlo, all’uscita dell’Ospedale dopo il decesso del figlio, non hanno rilasciato alcun commento dopo la denuncia – a mezzo stampa – fatta nei giorni precedenti. Quella forma improvvisa di leucemia che ha colpito il 28enne non era stata individuata dai medici che, in prima istanza, lo avevano rimandato a casa con un antibiotico. Ma lui non stava bene e, nel giro di poche ore, le sue condizioni sono peggiorate. Poi il ricovero per emorragia cerebrale, il coma dopo l’operazione. Infine, purtroppo, la notizia del suo decesso arrivata intorno alle ore 11 di lunedì 7 giugno.

Ora la Ausl dovrà effettuare approfondimenti sul lavoro compiuto dai medici in occasione della prima visita. Perché, come spiega l’ematologo Sergio Amatori in un’intervista a La Repubblica, l’emorragia cerebrale che ha colpito Michele Merlo è stata provocata da una leucemia che può essere di due tipi (e che, in passato, veniva etichettata con l’aggettivo “fulminante): quella mieloide acuta o quella acuta promielocitica. Si tratta di una patologia che, secondo l’esperto, è facilmente individuabile. Non tanto dal paziente, ma dal medico.

“Se somministrate in tempo, le cure sono efficaci. Quando l’ematologo arriva alla diagnosi di leucemia acuta promielocitica, il paziente viene trattato immediatamente con trasfusioni di concentrati piastrinici per frenare il rischio di emorragie. Poi si inizia la terapia per la malattia vera e propria, con un farmaco cosiddetto intelligente che ha portato la sopravvivenza dal 15-20% di 35 anni fa al 95% di oggi. E senza chemioterapia”.

Ora le indagini dovranno chiarire se ci sia una responsabilità dei medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Vergato.

(foto: da Instagram)

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