Perché non ha senso parlare del suicidio di De Donno (e perché non c’entra nulla con la sua “cura”)

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-07-30

“Parlaci di De Donno” è ormai il nuovo “Parlaci di Bibbiano”, solo più macabro e con ancora più sciacallaggio (se è possibile), di fronte a un caso che meriterebbe solo silenzio e rispetto

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“Parlaci del dottor De Donno”.
“Quand’è che scrivi un post su De Donno, eh? Eh?”

Ne avrò contati a centinaia di commenti così, tutti nello stesso italiano zoppicante e il tono di chi vede complotti anche nel buco del lavandino.
Ok, d’accordo, vi spiego perché non ho scritto (e non scriverò) nulla sul dottor De Donno.

de donno morto teorie de donno suicidio 3

Perché il suo suicidio è una tragedia di cui nessuno di noi conosce anche solo minimamente le cause profonde, intime, personali, che meritano solo due cose: silenzio e rispetto.

Perché non credo in alcun complotto. Perché ci sono delle indagini in corso, e perché non ho la competenza né, a differenza vostra, la pretesa di saperne più degli inquirenti.

Perché la sua morte nulla toglie e nulla aggiunge a quello che la comunità scientifica aveva già dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio: che la “miracolosa” terapia a base di plasma iperimmune non ha (sfortunatamente) la benché minima evidenza scientifica nella cura del Covid.

Perché, se c’è qualcuno che oggi dovrebbe sentirsi a disagio e scusarsi sono quei politici (Salvini in testa) che, per mesi e mesi, hanno usato, cavalcato, strumentalizzato un uomo fragile e la sua presunta cura, salvo poi scaricarlo quando le cose si sono messe male, gettandosi fuori col paracadute appena in tempo e abbandonandolo al suo destino. Come fanno sempre.

Perché è di gran lunga più dignitoso criticare le persone in vita con i fatti e per i (discutibili) comportamenti, piuttosto che sciacallare su di esse quando sono morte e non si possono più difendere, al punto da sventolarlo anche come icona No-vax, lui che credeva nei vaccini e li promuoveva.

E perché, in fin dei conti, non ho nulla da dire che il silenzio sulla morte di questo essere umano non possa esprimere cento, mille volte meglio.Personalmente, sono stato tra quelli che hanno criticato (anche duramente) il dottor De Donno in vita, e lo rifarei, in piena coscienza, perché credevo, come credo oggi, che fossero notizie e riflessioni giornalisticamente da dare e da fare. Ogni altra valutazione non compete a noi giornalisti e non spetta più a nessuno che non sia uno stretto familiare. Tutto il resto è sciacallaggio della peggior specie. Non ci sono abbastanza parole per la miseria che si sta leggendo in questi giorni. Di cui De Donno stesso è, a scanso d’equivoci, la prima e principale – se non unica – vittima.

Parlatevene voi di De Donno, se non provate vergogna. Io ho già detto tutto.

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