Perché il Coronavirus è ancora in circolazione in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-23

Franco Locatelli del Comitato Tecnico Scientifico: «L’attenzione non deve essere alta, di più. Deve mantenersi altissima. Ci vuole poco a riaccendere la miccia del virus»

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Franco Locatelli, oncoematologo bergamasco di 60 anni, presidente del Consiglio superiore di sanità che è l’organo di consulenza tecnico scientifica del ministro della Salute, spiega oggi al Corriere della Sera che il Coronavirus SARS-COV-2 è ancora in circolazione in Italia e i focolai rappresentano un rischio concreto per il quale non bisogna abbassare la guardia:

Professor Franco Locatelli a che punto è l’epidemia a livello globale?
«In Europa nel complesso c’è sicuramente una netta e assai incoraggiante flessione dei contagi ma continuano a osservarsi episodi, più o meno rilevanti, che documentano come il virus circoli e possa creare improvvise riaccensioni epidemiche. In Italia è accaduto a Roma e, proprio in questi giorni, in Calabria — spiega l’onco-ematologo che fa parte del Comitato tecnico scientifico di supporto al governo —. Ma è soprattutto quanto sta avvenendo nel più grande mattatoio della Germania, circa 1.300 contagi, che fa comprendere quanto sia pericoloso distrarsi. Le autorità tedesche hanno avviato una riflessione su come gestire questo focolaio».

E fuori dall’Europa?
«Brasile e India sono nel pieno della pandemia, in questi Paesi la diffusione del contagio è altissima, con un elevato numero di morti che sta determinando una situazione marcatamente più seria di quella europea. Ma questo non deve indurre tutti noi a credere di essere fuori pericolo. Viviamo in un mondo globale e queste realtà epidemiche, apparentemente lontane, non possono n non attirare la nostra attenzione non solo per il doloroso numero delle vittime ma anche nella prospettiva di un nuovo innesco di contagi nel nostro Paese».

coronavirus numeri 22 giugno
Coronavirus in Italia: i numeri del 22 giugno (Corriere della Sera, 23 giugno 2020)

Vuole dire che se l’epidemia sta imperversando in altri emisferi non è un buon motivo per sentirci al sicuro?
«Proprio così. L’Italia è attualmente messa bene a parte alcuni focolai locali che comunque andavano messi in conto perché fanno parte della storia di un’epidemia. Quanto succede fuori deve però costituire un chiaro segnale di allarme. L’attenzione non deve essere alta, di più. Deve mantenersi altissima. Ci vuole poco a riaccendere la miccia del virus. Non dimentichiamo come tutto è cominciato. Noi a fine gennaio ci occupavamo della coppia cinese giunta in Italia e ricoverata allo Spallanzani e in Lombardia il Sars-CoV-2 già circolava. Il Paese non è blindato. La gente si muove da un continente all’altro ed è impossibile controllare tutti».

Qual è il messaggio?
«Non perdiamo di vista la situazione globale. E i focolai, anche quelli che compaiono di tanto in tanto in Italia, devono ricordarci che non siamo usciti dal tunnel. Che il coronavirus è ancora un problema e lo sarà per diversi mesi. Dunque tutto ciò che assume la forma di assembramento va evitato».

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