Il patto PD-Alfano per la Sicilia e per le elezioni politiche

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-08-24

L’intesa sul rettore candidato è un pre-contratto sulle politiche

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Fabrizio Micari è il candidato comune che il Partito Democratico e Alternativa Popolare di Angelino Alfano hanno trovato per la corsa a governatore della Sicilia. Ma oltre al nome per l’isola in ballo c’è anche l’alleanza per le elezioni politiche che Matteo Renzi evidentemente vuole per forza fare con il ministro degli Esteri del governo Gentiloni. E che si basa anche sulla legge elettorale. Racconta oggi Goffredo De Marchis su Repubblica:

I consensi di Ap sull’isola rimettono in gioco i democratici per la vittoria. O perlomeno gli consentono di immaginare una competizione vera con i 5 stelle e con un centrodestra che alla fine, ne sono sicuri a Largo del Nazareno, si presenterà unito. Insomma, con Alfano si scongiura certamente il bagno di sangue preventivato qualche settimana fa. Una coalizione larga che va dai moderati alla sinistra, sul modello dell’intesa che ha portato alla vittoria Leoluca Orlando nel capoluogo, può gareggiare e forse primeggiare.
L’eredità di Rosario Crocetta non è il viatico migliore per il centrosinistra, ma in Sicilia più che il voto di opinione contano i voti legati ai partiti, ai personaggi che hanno i pacchetti di preferenze. E gli alfaniani sono forti, specie in alcune zone della Sicilia orientale. Per ottenere il risultato finale, il coordinatore della segreteria dem Lorenzo Guerini ha persino fatto le vacanze in Sicilia. Per carità, posto perfetto, ma sotto il suo ombrellone alla fine è andato in scena anche qualche vertice politico.

angelino alfano matteo renzi
L’obiettivo del ministro degli Esteri è invece il 3 per cento. Un risultato che gli consentirebbe di correre in autonomia alla Camera e portare a casa una ventina di deputati. Al Senato la soglia, su base regionale, è dell’8 per cento. Un correttivo maggioritario molto forte. Ma in coalizione con il Pd Ap avrebbe bisogno “solo” del 3 per cento per far entrare suoi senatori. E in alcune regioni, a cominciare dalla Sicilia, questo traguardo è possibile.

Su questa base hanno ragionato Matteo Renzi ed Alfano nella telefonata di inizio settimana, dopo mesi di gelo assoluto e di parole violente quando parlavano uno dell’altro con i rispettivi interlocutori. Con queste prospetti
ve il leader di Ap è convinto di poter frenare l’emorragia che in molti danno per scontata dentro il suo partito. Per via delle sirene di Forza Italia e per gli interessi di Maurizio Lupi in Lombardia, dove il capogruppo vuole assolutamente confermare l’asse con Roberto Maroni e l’intesa con la destra.
Naturalmente, la pace non ha eliminato di colpo tutti i problemi. L’idea di un listone unico alla Camera con i centristi dentro, si può realizzare solo in caso di rottura netta del Pd con Giuliano Pisapia. Alfano ha strappato adesso la garanzia che non si tornerà a discutere del sistema tedesco, con soglie alte, motivo della rottura prima dell’estate. «Non ci saranno altri blitz sulla legge elettorale contro di noi. Questo lo abbiamo tirato fuori dal campo», ha spiegato il titolare della Farnesina ai suoi parlamentari. Non bisogna nascondersi poi che le elezioni siciliane e l’alleanza larga possono diventare un’arma a doppio taglio. In caso di successo, gli alleati di Renzi avranno un ottimo argomento per pressarlo ad abbandonare la linea autarchica. Ma se arriva la sconfitta, a sinistra sono pronti a scommettere che il segretario del Pd la utilizzerà per sbarrare la porta.

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