«Mio padre lasciato morire a Crema senza terapia intensiva»

di Mario Neri

Pubblicato il 2020-03-10

La Stampa oggi pubblica un’intervista a Orietta S., il cui padre, 80enne, è deceduto nei giorni scorsi all’ospedale di Crema. Suo padre, Dino, si è spento nell’ospedale di Crema lunedì 2 marzo. Era ricoverato in terapia intensiva? «A oggi non lo so ma non credo che sia neppure arrivato in quel reparto. So solo che, …

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La Stampa oggi pubblica un’intervista a Orietta S., il cui padre, 80enne, è deceduto nei giorni scorsi all’ospedale di Crema.

Suo padre, Dino, si è spento nell’ospedale di Crema lunedì 2 marzo. Era ricoverato in terapia intensiva?
«A oggi non lo so ma non credo che sia neppure arrivato in quel reparto. So solo che, quando ho chiamato domenica, mi ha risposto un medico che era molto preso. Mi ha detto: “Signora, deve capire, noi siamo nella m… Il papà è intubato e sedato in sala operatoria, in attesa che si liberi un posto in terapia intensiva”. L’ho pregato di darmi qualche notizia. Erano le 3 del pomeriggio e il papà è morto alle 8 e mezzo di sera. Nessuno mi ha detto nulla, non so ancora che cosa sia successo».

Chi le ha comunicato che era venuto a mancare?
«Il giorno dopo si è presentato a casa il maresciallo dei carabinieri. Non so dire che cosa ho provato quando l’ho visto: avevo già capito».

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Quando suo papà ha iniziato ad avere i sintomi?
«Mio padre non ha mai avuto i sintomi del coronavirus. Martedì 25 febbraio è caduto in casa. Mi ha detto che aveva avuto un giramento di testa. E anche nei giorni successivi diceva di sentirsi stanco. Così venerdì ho chiamato il medico per un controllo. È stato lui ad accorgersi che aveva un focolaio al polmone e ha chiesto l’intervento di un’ambulanza. Ha chiamato quattro ospedali, ma erano tutti al collasso. Alla fine ha trovato posto a Crema: erano le 5 del pomeriggio di venerdì 28 febbraio».

Suo padre aveva altri problemi di salute?
«Ma no, era un uomo in forma. Aveva 80 anni, ma sembrava uno di 60. Faceva le sue cose: il bar, gli amici, a Castiglione tutti gli volevano bene. Era il classico uomo col cappello in testa, che quando te lo trovi davanti in macchina ti arrabbi un po’ perché va a 30 all’ora, ma era lucidissimo. Prendeva le pastiglie per la pressione e niente più».

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