Mascherine: i 4 tipi di modelli e chi le deve utilizzare
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-03-12
Qualunque mascherina è monouso e andrebbe cambiata spesso, circa ogni quattro ore. I dispositivi non servono alle persone sane, che li calzano nel timore di incontrare per strada persone positive: in questo caso, basta anche coprirsi il volto con una sciarpa, ma soprattutto lavarsi le mani, non toccarsi il viso, mantenere la distanza di almeno un metro
Il Corriere della Sera oggi riepiloga in un’infografica come funzionano le mascherine, quali sono i tipi di modelli e chi ha necessità di doverle utilizzare nell’emergenza Coronavirus. Il quotidiano spiega che le mascherine si dividono in Dpi, «Dispositivi di Protezione Individuale», e Dm che sta per «Dispositivi Medici» o «mascherine Medicali».
I Dpi in commercio, di qualunque tipo o categoria, devono presentare la marcatura CE. Il campo «protezione delle vie respiratorie da rischio biologico» è regolato dalla norma europea UNIEN149 che classifica i dispositivi in FFP1, FFP2, FFP3, dove FF significa Semimaschera Filtrante. Le mascherine consigliate per chi si deve proteggere dal virus sono di classe FFP2 o FFP3, che hanno un’efficienza filtrante del 92% e 98%. Sono indicate per medici e sanitari che lavorano a stretto contatto con i malati di Covid-19 e ai familiari che li assistono, sono «sprecate» se utilizzate dalle persone infette e sono efficaci solo se indossate con una precisa procedura che viene insegnata.
Non sono consigliate a bambini o persone con la barba o gli occhiali, a causa dell’impossibilità di una perfetta aderenza al viso. Analoghe a queste, sono le maschere in elastomeri o tecnopolimeri dotate di filtro sostituibile P2 o P3: hanno il vantaggio di una migliore tenuta sul viso, ma il loro peso è maggiore. Le FFP1 (che qualcuno chiama in modo impreciso «antipolvere») hanno un’efficienza filtrante del 78% e sono insufficienti per proteggere dal virus.
Possono essere assimilate alle «mascherine medicali» (cosiddette «chirurgiche»),le più diffuse: evitano che il portatore diffonda il virus all’esterno, ma non proteggono adeguatamente dal contagio di provenienza altrui, soprattutto per la scarsa aderenza al volto. Sono quindi indicate per i malati,i soggetti immunodepressi (che sono più esposti alle infezioni), per chi lavora a stretto contatto con categorie a rischio contagio con molte persone sconosciute.
Su tutte le tipologie di mascherine descritte possono trovarsi i cosiddetti «filtri», che in realtà sono valvole che permettono una più confortevole respirazione e riducono il riscaldamento dovuto al calore del fiato. Attenzione però: le valvole proteggono «in entrata», ma rendono i dispositivi non adatti ai malati, perché «buttano fuori» il virus. Ricordiamo anche che qualunque mascherina è monouso e andrebbe cambiata spesso, circa ogni quattro ore.
I dispositivi non servono alle persone sane, che li calzano nel timore di incontrare per strada persone positive: in questo caso, basta anche coprirsi il volto con una sciarpa, ma soprattutto lavarsi le mani, non toccarsi il viso, mantenere la distanza di almeno un metro.