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Mascherine: come si mettono e perché l’OMS sta cambiando idea sul loro utilizzo
neXtQuotidiano 03/04/2020
Ma allora le mascherine servono o no? Una ricerca del New England Journal of Medicine del 17 marzo ha dimostrato che il virus può resistere in aerosol fino a tre ore, anche se la sua quantità si dimezza in un’ora. Un esperimento del Massachusetts Institute of Technology pubblicato su Jama il 26 marzo ha osservato che il virus viaggia sia su goccioline che in aerosol, e che quest’ultimo può arrivare a 7-8 metri con uno starnuto potente
L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che le mascherine non servono a chi va in giro per strada o nei supermercati ma a chi ha i sintomi del Coronavirus SARS-COV-2 e agli operatori sanitari. In Austria dalla prossima settimana diventeranno obbligatorie nei supermercati. In Slovacchia e Repubblica ceca è vietato uscire di casa senza indossare una mascherina chirurgica. Il mondo va in ordine sparso sui dispositivi di protezione individuale ma, spiegano oggi Michele Bocci ed Elena Dusi su Repubblica, i dubbi della comunità scientifica sulla nuova malattia sono tanti. Ma in pochi campi si è registrata così tanta confusione come sulle mascherine.
Gli studi delle ultime settimane confermano che la diffusione del coronavirus nell’aria è più sostenuta di quanto si ritenesse all’inizio. E ora l’amministrazione Trump consiglia l’uso in pubblico delle mascherine. E anche l’Oms potrebbe decidersi a cambiare le sue linee guida. David Heymann, il responsabile del panel che si occupa dell’argomento presso l’Organizzazione di Ginevra, ha annunciato alla Bbc: «Stiamo studiando le nuove evidenze scientifiche e siamo pronti a cambiare le linee guida, se necessario».
«Allo stato attuale delle conoscenze – spiega Paolo D’Ancona, epidemiologo del nostro Istituto Superiore di Sanità (Iss) – sappiamo che il coronavirus si trasmette prevalentemente attraverso le goccioline nell’aria. Negli ospedali con molti pazienti sottoposti a ventilazione meccanica potrebbe disperdersi anche con aerosol». La differenza fra goccioline e aerosol può sembrare accademica: sta nelle dimensioni delle sfere di saliva che trasportano il virus. Ma ha grandi implicazioni per la diffusione: le goccioline viaggiano 1-2 metri dalla persona che le emette e cadono subito a terra. L’aerosol resta sospeso in aria e può raggiungere distanze maggiori. Vorrebbe dire che anche in stanze chiuse affollate e ascensori potrebbe accumularsi il virus, qualora molte persone infette vi rimanessero a lungo.
Ma allora le mascherine servono o no? Una ricerca del New England Journal of Medicine del 17 marzo ha dimostrato che il virus può resistere in aerosol fino a tre ore, anche se la sua quantità si dimezza in un’ora. Un esperimento del Massachusetts Institute of Technology pubblicato su Jama il 26 marzo ha osservato che il virus viaggia sia su goccioline che in aerosol, e che quest’ultimo può arrivare a 7-8 metri con uno starnuto potente. In Cina, nelle stanze di ospedale che hanno ospitato i pazienti, tracce di coronavirus sono state trovate su davanzali e grate degli impianti di aerazione. Segno che forse dal coronavirus dovremmo imparare a proteggerci meglio, quando torneremo a uscire di casa. E che l’OMS si prepara a rivedere le norme:
Le mascherine chirurgiche non sono la soluzione perfetta (non sigillano per esempio naso e bocca come quelle filtranti), e sono ancora poche, come dimostrano le difficoltà a rifornire il personale sanitario, ma diventeranno probabilmente nostre compagne di vita, nella fase di riapertura. «Sono utili nei luoghi di lavoro dove non è garantita la distanza di un metro» spiega D’Ancona.
Via via che un numero sempre maggiore di persone inizierà ad uscire, restando per ore in una situazione di potenziale rischio, arriverà molto probabilmente l’indicazione di utilizzare la mascherina, insieme alla raccomandazione sulla distanza di sicurezza. Se i suggerimenti del governo dovessero cambiare, però, serviranno tante mascherine, perché vanno cambiate spesso. L’Iss, in una situazione di grave carenza, sta testando i prodotti di nuove aziende italiane che hanno iniziato a produrle. Finora ha dato il suo ok a 40 di esse.