L’ospedale di Mariupol in ostaggio dell’esercito russo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-03-16

A Mariupol la situazione è sempre più insostenibile per i civili: è impossibile lasciare la città, e l’esercito russo ha preso in ostaggio i pazienti del principale ospedale

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Da lunedì mattina circa 400 persone – tra pazienti, medici e personale sanitario – sono in ostaggio nel principale ospedale di Mariupol, la città nel sud-est dell’Ucraina, al confine col Donbass, martoriata dall’esercito russo fin dal primo giorno di invasione. “È impossibile uscire da qui. Sparano forte, i palazzi intorno a noi stanno bruciando. Siamo ostaggi”, è il grido di un medico via Telegram. “I russi hanno obbligato i civili degli edifici intorno ad entrare nella nostra struttura – scrive l’uomo – non possiamo andarcene. Siamo nel seminterrato. Le auto non sono in grado di lasciare l’ospedale da due giorni”. Il vicesindaco della città, Serghey Orlov, ha descritto la barbarie messa in atto dall’esercito di Putin: “Ci sono feriti, gli occupanti sparano nei reparti e a chi cerca di scappare”.

Mariupol sotto assedio, i militari russi prendono in ostaggio i pazienti dell’ospedale

Sono in totale circa 350mila gli abitanti intrappolati senza beni di prima necessità, senza acqua, cibo, riscaldamento, nei rifugi anti-bomba. I militari si sono premurati di attaccare qualunque convoglio portasse aiuti umanitari, non rispettando i patti per il cessate il fuoco. Ieri, spiega Kyrylo Tymoshenko, dall’ufficio del presidente Zelensky, 20mila persone sono riuscite a lasciare la città, su quattromila automobili che si sono incolonnate per scappare. “A questo ritmo – dice il sindaco Vadim Boichenko – per svuotare Mariupol di civili allo stremo ci vorrà oltre un mese. Se Mosca non lascia passare pullman giorno e notte, sulle auto evacueremo i nostri cadaveri. Diranno di aver rispettato le leggi dell’umanità: simili vie di fuga coprono invece un massacro pianificato”. Una donna, riuscita a scappare a Zaporizhzhia, ha raccontato alla Cnn il suo “inferno in terra”: “Abbiamo vissuto due settimane in uno scantinato con altre 60 persone. Si riusciva a tornare in appartamento solo occasionalmente. Nascondevamo i bambini perché gli aerei volavano molto basso proprio sopra di noi. Avevamo paura di finire sotto tiro”.

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