Opinioni
Il M5S vuole abolire gli studi di settore (che sono stati già aboliti)
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-01-12
Spesometro e studi di settore sono già aboliti per legge, mentre il redditometro è stato archiviato da un pezzo. Scrive l’agenzia di stampa TMNews che la proposta del M5S per cancellare gli strumenti che il Fisco si è inventato negli anni per combattere l’evasione fiscale è quindi tecnicamente superata. Dal 2019 non esisteranno più senza […]
Spesometro e studi di settore sono già aboliti per legge, mentre il redditometro è stato archiviato da un pezzo. Scrive l’agenzia di stampa TMNews che la proposta del M5S per cancellare gli strumenti che il Fisco si è inventato negli anni per combattere l’evasione fiscale è quindi tecnicamente superata. Dal 2019 non esisteranno più senza necessità di ricorrere a una nuova legge che li cancelli per la seconda volta. Per eliminare, invece, lo split payment, come promesso ancora dai pentastellati, servirebbero 10 miliardi di euro.
In pratica, gli studi di settore sono già stati mandati in soffitta. Dal 2019 verranno sostituiti dagli Isa (Indicatori sintetiti di affidabilità fiscale), i nuovi indicatori di compliance chiamati a sostituire gli studi per oltre un milione di partite Iva. Il via libera ai primi 70 indicatori è già arrivato e con la legge di Bilancio l’operazione è stata rinviata di un anno (dal 2018 al 2019) perché sarebbe troppo complicato gestire contemporaneamente le nuove 70 pagelle fiscali e i restanti studi di settore per gli altri 2-2,5 milioni di imprese, artigiani, commercianti e professionisti. Per quanto riguarda lo spesometro, il debutto della fatturazione elettronica ne prevede in sostanza il superamento, come chiesto insistentemente da commercialisti e contribuenti dopo il caos suscitato dai problemi per l`invio dei dati relativi alle fatture emesse e ricevute del primo semestre 2018. Già con il decreto legge fiscale collegato alla manovra è arrivato un completo restyling di questo adempimento fiscale. Anche il redditometro è praticamente in disuso da tempo. E i numeri lo testimoniano. Doveva essere una sorta di arma definitiva per stanare chi nasconde all’Erario molti più redditi ed è finito, invece, per assumere un carattere sempre più marginale nella strategia di contrasto dell`evasione fiscale.
La Corte dei Conti nell’ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato ha certificato, infatti, che nel 2016 gli accertamenti sono stati appena 2.812 su 41 milioni di contribuenti e 5 milioni di partite Iva, con un calo del 52% sul 2015 e addirittura di oltre il 92% sul 2012. Infine, lo split payment. L’ultimo bollettino sulle entrate fiscali, ricorda TMNews, rileva che lo split payment (allargato a tutte le società pubbliche con la manovra correttiva di aprile) a novembre ha fatto crescere l’Iva di circa 10 miliardi. Tutte le imprese, piccole e grandi, ne chiedono la cancellazione perché rappresenta un’anticipazione di cassa e crea problemi di liquidità. Il governo ha, invece, preferito garantire tempi rapidi nei rimborsi piuttosto che abolirlo. In ogni caso l’eliminazione, costerebbe comunque 10 miliardi.