Opinioni
Il M5S risponde a Mentana sulla querela
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2017-01-04
Ieri Enrico Mentana aveva annunciato di voler querelare Beppe Grillo per il post sulle bufale dei media in cui compariva anche il logo del Tg di La7. In un p.s. al post odierno il MoVimento 5 Stelle risponde più o meno scusandosi con il direttore: Ieri Mentana si è risentito per il fatto che il […]
Ieri Enrico Mentana aveva annunciato di voler querelare Beppe Grillo per il post sulle bufale dei media in cui compariva anche il logo del Tg di La7. In un p.s. al post odierno il MoVimento 5 Stelle risponde più o meno scusandosi con il direttore:
Ieri Mentana si è risentito per il fatto che il logo del suo Tg fosse presente nell’immagine del post che denunciava le bufale dei media italiani. Non se la prenda direttore, è stato fatto per “par condicio” per non far sfigurare troppo i suoi colleghi. E inoltre si trattava di una denuncia politica per criticare il sistema mediatico nel suo complesso. Le auguriamo di continuare a fare informazione che sia rispettosa della verità e dei cittadini ancora a lungo.
La risposta dei 5 Stelle è di prammatica: si parla di critica “politica” al sistema per giustificare la comparsa del logo del Tg di La7 tra quelli degli altri giornali e delle altre testate giornalistiche televisive visto che la critica politica ha un ombrello costituzionale ampio.
Enrico Mentana risponde qualche tempo dopo dicendo che la rettifica del M5S fa venire meno gli estremi della querela.
So che gli amanti del sangue social vorrebbero che lo scontro andasse avanti fino alle estreme conseguenze, e del resto su Twitter sta proseguendo nei miei confronti il trattamento che potrete verificare, da parte di tanti pasdaran che forse non aspettavano altro. Ma la rettifica (chiamiamola così) del m5s fa obiettivamente venir meno gli estremi per un passo giudiziario. Mi sono mosso per difendere la reputazione del tg che dirigo da un’accusa grossolana e infamante per qualunque testata, e sicuramente del tutto fuori luogo per il Tgla7. Non me ne frega niente di “fare il fenomeno”. Il mio campo è quello della libera e corretta informazione, non quello delle gare tra forzuti della politica o del web. Anche in queste 24 ore ho avuto a cuore che le notizie politiche del mio tg fossero sine ira et studio nei confronti di tutti, come è sempre stato. So che si scriverà che Grillo ha avuto paura della querela, che io ho avuto paura di perdere i telespettatori grillini, etc. Chissene, per quel che mi riguarda. Fuori dalla querelle legale resta un giudizio da parte mia duramente critico per l’idea delle giurie popolari: ai più ilari ricordano il festival di Sanremo, ai più preoccupati la Cina della Rivoluzione Culturale. Per me è solo un’idea sballata, concettualmente e fattualmente: anche il m5s ha scelto uomini suoi, e non, quando si è trattato di indicare la guida della commissione parlamentare di vigilanza o un consigliere di amministrazione Rai, seguendo criteri di competenza. Nessuno ha diritto a essere legibus solutus, ma gli organismi di garanzia non possono mai essere tribunali del popolo. Comunque, viva il libero confronto senza anatemi e liste di proscrizione.
Un ultimo pensiero per i dettaglianti del veleno via web: la tonnellata di tweet infamanti (nelle intenzioni) sono riusciti a isolare, al di là degli insulti a prescindere, solo tre gravi macchie. Il 77esimo posto dell’Italia, la cui responsabilità grava evidentemente sulle mie spalle. Un vecchio tweet di Enrico Letta, che avrei avuto l’incoerenza di non querelare. E il fatto che il primo dei miei quattro figli (29 anni) è iscritto al Pd. Prove schiaccianti, direi. Come simulazione di giuria popolare poteva andare peggio