L'ideona tedesca del bail in sui titoli di Stato

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-08-25

L’idea è creare un meccanismo semiautomatico che consenta di mettere in carico ai creditori, ovvero a chi ha comprato i titoli del debito pubblico, il costo di un asalvataggio, così come con il bail in si mettono in carico ad azionisti, obbligazionisti e in parte ai correntisti

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Federico Fubini sul Corriere della Sera racconta di una proposta partita dal Consiglio tedesco degli esperti economici, che ha il compito di valutare le politiche economiche, riguardo i debiti sovrani. A scriverla è Lars Feld, che pronosticava qualche tempo fa per l’Italia un salvataggio UE. L’idea è creare un meccanismo semiautomatico che consenta di mettere in carico ai creditori, ovvero a chi ha comprato i titoli del debito pubblico, il costo di un asalvataggio, così come con il bail in si mettono in carico ad azionisti, obbligazionisti e in parte ai correntisti (quelli al di sopra dei 100mila euro) il fallimento di una banca.

In primo luogo, un sistema quasi automatico di rinvio delle scadenze di rimborso dei titoli di Stato dei Paesi che chiedono l’assistenza dell’Esm (il fondo salvataggi europeo); quindi la prospettiva di un taglio del valore effettivo di quei bond sovrani a danno dei creditori, se dopo qualche tempo l’Esm giudicasse che il debito resta insostenibile. Il punto di partenza è una silenziosa resa tedesca: la Germania, semplicemente, sta smettendo di credere al Patto di stabilità e ai suoi bizantini rituali. Pochi dentro e intorno al governo di Berlino si illudono ancora che gli attuali sistemi europei di vigilanza sui conti pubblici possano spingere certi Paesi a risanare. «I poteri delle istituzioni europee nel far rispettare le regole restano limitati», si legge nel documento, «dunque future crisi di debito pubblico non possono essere escluse».

bail in banca crack
L’infografica del Sole 24 Ore sul Bail In (7 novembre 2015)

Lo scetticismo verso l’architettura del «fiscal compact» europeo è talmente profondo che poco sotto il testo di Feld e colleghi propone di non tenere conto del fatto che un Paese sia già soggetto — o no — a una procedura di Bruxelles sui suoi conti. La valutazione del fondo salvataggi sulla sostenibilità del debito di un governo — si legge — dev’essere «indipendente». L’obiettivo è ridurre al minimo i trasferimenti finanziari della Germania ai Paesi fragili se e quando la prossima recessione dovesse riaprire una crisi. Di qui l’idea che il fondo salvataggi Esm, con un emendamento alle sue linee-guida possibile (in teoria) senza diritti nazionali di veto, imponga la sospensione dei rimborsi dei titoli di Stato quando un governo chiede aiuto al resto d’Europa. In seguito, l’Esm condurrà un analisi di sostenibilità del debito di quello Stato per determinare se debba esserci anche un taglio più profondo al valore nominale dei suoi titoli. Sembra (per ora) difficilmente realizzabile la pre-condizione indicata da Feld e colleghi: come dicono loro stessi, bisognerebbe «costringere» i governi a emettere bond con clausole legali che ne rendono più facile il parziale default.

Un meccanismo del genere avrebbe un effetto deflagrante: in caso di rischio di messa in azione di questo meccanismo gli investitori si darebbero ancora più velocemente alla fuga, accelerando la drammaticità di crisi che magari in partenza avrebbero un impatto minimo. Così però la Germania potrebbe trasferire meno fondi per salvare altri Paesi. In più, scrive Fubini, nel documento si parla anche di un caso speciale: «Grandi economie avanzate come l’Italia sono probabilmente troppo grandi per essere salvate in ogni caso».

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