Cultura e scienze

Come la legge sul post mortem rischia di incoraggiare il “commercio” dei cadaveri

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-02

Nei giorni scorsi al Senato è stata approvata quasi all’unanimità (220 voti a favore e un solo astenuto) la legge che regolamenta la donazione del corpo alla scienza da parte dei cittadini. Ma più che una donazione è un prestito, con parecchi oneri per gli Atenei e i centri di ricerca e la formulazione del testo pone un importante interrogativo etico

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Nei giorni scorsi il Senato ha approvato il DdL 733 recante “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica”. Si tratta di un disegno di legge, a prima firma del senatore Pierpaolo Sileri (Presidente della Commissione Salute di Palazzo Madama) che nelle intenzioni dei firmatari «scaturisce dalla necessità di regolamentare la pratica della dissezione dei cadaveri a fini di studio, di ricerca scientifica e di formazione». Quella della dissezione dei cadaveri è una pratica indispensabile la medicina e di fondamentale importanza per l’esercizio della chirurgia, in particolar modo durante il percorso universitario.

Cosa prevede il disegno di legge sulla donazione del cadavere

Secondo il Senatore Sileri con la legge sul post mortem i cittadini potranno scegliere di donare il proprio corpo alla scienza dopo la morte e aiutare la ricerca scientifica e la formazione chirurgia. In realtà la donazione del cadavere è già consentita, a patto che il donatore ne espliciti l’intenzione nel testamento e non ci siano impedimenti di carattere giudiziario, come ad esempio il fatto che sia stata disposta l’autopsia sul copro della persona deceduta.

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Cosa cambia quindi il disegno di legge che è stato approvato al Senato con 220 voti a favore e un solo astenuto? Alcuni medici – tra cui Francesco Cappello, professore ordinario di anatomia umana all’Università di Palermo – hanno rilevato che l’articolo 6 del DdL non aiuta affatto la ricerca. Il comma 1 dell’articolo 6 prevede infatti che le strutture universitarie, le aziende ospedaliere di alta specialità e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) siano tenuti «a restituire il corpo stesso alla famiglia in condizioni dignitose entro dodici mesi dalla data della consegna». Questo, spiega il docente universitario in un post su Facebook «stride fortemente con la volontà, registrata in decenni di attività svolte negli Istituti anatomici, dei donatori i quali non sono affatto interessati alla restituzione della salma alla famiglia ma vogliono che questa venga integralmente usata dagli istituti anatomici». Con la legge in vigore invece gli istituti universitari non potrebbero avere a disposizione – dovendo restituire il cadavere entro un anno – le raccolte di segmenti scheletrici utilizzate a scopo didattico e scientifico.

Quali sono i principali problemi della legge sul post mortem

Un altro problema emerge dal comma 2 dell’articolo 6 che sancisce che «gli oneri per il trasporto del corpo dal momento del decesso fino alla sua restituzione, le spese relative alla tumulazione,
nonché le spese per l’eventuale cremazione sono a carico dei centri di riferimento». In poche parole chi dona il proprio corpo alla scienza non lo fa “per sempre” ma per un periodo limitato di tempo (è più un prestito quindi) ed inoltre gli istituti universitari «nell’ambito delle risorse destinate ai progetti di ricerca» hanno l’obbligo di pagare le spese per la sepoltura o la cremazione una volta terminato il periodo dei dodici mesi.

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In questo modo però le persone indigenti, che magari non hanno i soldi per pagare le spese di tumulazione potrebbero essere tentate di donare il proprio corpo alla scienza sapendo che dopo poco più di un anno i familiari si vedranno restituire il cadavere e che lo Stato (nella veste delle Università e delle facoltà di chirurgia) pagherà le spese. Più che una donazione si configura quasi come una sorta di noleggio. Può sembrare un’offerta vantaggiosa ma il risvolto etico è che lo Stato di fatto finirebbe per incentivare una sorta di “commercio” sulle salme sfruttando in un certo senso le ristrettezze economiche e materiali delle classi sociali più deboli.

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L’esito della votazione al Senato

Tutta la procedura inoltre non dovrà «nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Che cosa significa? Da un lato che le somme necessarie per restituire degnamente un cadavere finiranno per intaccare i fondi per la ricerca universitaria. Di fatto la legge che vuole agevolare la ricerca in campo chirurgico finisce per creare un danno economico. Dall’altro per reperire i fondi necessari i centri di ricerca «vi provvedono con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente». E tenendo conto che l’attuale legge di Bilancio non ha minimamente aumentato gli stanziamenti per la ricerca le conseguenze possono essere solo due: la prima è che poche università potranno “permettersi” di fare lezione sui cadaveri, la seconda – speriamo altamente improbabile – è che per finanziare i corsi di anatomia con cadaveri gli atenei dovranno in qualche modo richiedere una forma di pagamento agli studenti.

Foto di copertina: La lezione di antomia del dottor Tulp di Rembrandt via Wikipedia.org

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