Le Infrastrutture destrutturate dalla realtà

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-07-19

Apprendiamo con malcelata trepidazione che i destini della Patria saranno tosto affidati ad un’idea fantastica, ma soprattutto genialmente originale. Un Piano Infrastrutture. Il Ministro Tria come apprendiamo dai boatos pubblicati oggi sul Corriere ha concepito di concerto (a suon di arpe e mandolini) con alla Ragioneria Generale “… un nuovo contratto standard di concessione per …

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Apprendiamo con malcelata trepidazione che i destini della Patria saranno tosto affidati ad un’idea fantastica, ma soprattutto genialmente originale. Un Piano Infrastrutture. Il Ministro Tria come apprendiamo dai boatos pubblicati oggi sul Corriere ha concepito di concerto (a suon di arpe e mandolini) con alla Ragioneria Generale “… un nuovo contratto standard di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche in partenariato pubblico privato”. A chi risultasse oscura la vulgata tardo-ostrogota si tratta della mitiche PPP, acronimo che non si riferisce al compianto Pierpalo Pasolini bensì alle Public Private Partnership.

Se anche la vostra dimestichezza con il gergo anglosassone non fose a prova di bomba, in estrema sintesi si tratta di una truffa persino meno sofisticata di quelle immortalate nelle gag di Totò. Un privato viene abbindolato – col miraggio di consistenti redditi futuri – ad assumersi l’impegno di progettare, realizzare e gestire, ma soprattutto finanziare un’infrastruttura, ad esempio un’autostrada. Secondo lo schema da banda degli onesti, il pollo privato emetterebbe delle obbligazioni sul mercato che verrebbero garantite dagli introiti futuri dei pedaggi (o, se prendiamo il caso di una scuola, dall’affitto che il governo pagherà al privato). I danni della Legge Basaglia per quanto terrificanti, non hanno lasciato in circolazione abbastanza gente diversamente sana di mente. Pertanto in Italia nessuno firma contratti con lo stato ladro mettendo a repentaglio patrimonio, reputazione e salute. A meno che non sia egli stesso un bandito che si propone di gestire la faccenda a suon di mazzette. Come è successo con il Mose, con la metropolitana di Roma e le tante altre vicende di opere pubbliche che intasano il carico delle Procure.

giovanni tria

Ormai, spolpati gli autoctoni, bisogna procurarsi le vittime fuori dai confini patri. Ad esempio gli indiani che hanno fatto un’offerta per l’Ilva illudendosi di avere di fronte un governo minimamente serio e non una manica di cialtroni. Oggi smalitiscono tristemente il container di vaselina gentilmente recapitato da Emiliano, Grillo e Di Maio (che, bontà sua, sta studiando la materia, forse con esiti analoghi a quelli degli studi accademici). Ma pur ammettendo l’esistenza di un imprenditore deciso a immolarsi con tutta l’azienda, i soci e la famiglia, come gli adepti di una setta nella Guyana, appena emettesse obbligazioni per finanziare la PPP all’amatriciana, dove troverebbe i risparmiatori a cui rifilarle?

L’Italia è una nazione talmente disfunzionale che nella capitale non si riesce a mettere una pezza d’asfalto sulle buche. Basta il Sindaco di un borgo popolato da semi-analfabeti per bloccare la costruzione di un gasdotto oppure un giudice spregiudicato, in cerca di pubblicità (magari per farsi eleggere al CSM) per chiudere un cantiere sine die con un pretesto qualsiasi. Anzi, tra ricorsi al TAR, liti sul progetto, dispute sull’impatto ambientale, l’ANAC di Cantone, il codice schizofrenico degli appalti e quant’altro, le obbligazioni scadrebbero prima di aver posato la prima pietra. Esagerazioni? Disfattismo? Delle PPP ne parlava Tremonti agli albori del secolo, magnificandole come la panacea per rilanciare l’economia e schiudere luminosi orizzonti all’iniziativa privata. Da quei tempi l’economia è in picchiata, gli orizzonti rimangono tragicamente cupi e le buche sulle strade sono diventate voragini.

 

Leggi sull’argomento: Tra i due litiganti il Tria gode

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