Le false diagnosi di celiachia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-10-06

La vera sensibilità al glutine è molto meno frequente di quanto si creda. Uno studio italiano prova a quantificarla

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Tra tutti i pazienti che si rivolgono all’ambulatorio dedicato presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, convinti di essere celiaci, la maggior parte è in realtà affetta da sindrome del colon irritabile e circa il 20% è portatore, senza saperlo, di allergia al grano che non ha nulla a che vedere con la celiachia e che invece è una allergia a proteine del grano diverse dal glutine. È quanto emerso da una indagine curata dal professor Italo De Vitis, UOC Medicina Interna e Gastroenterologia, Responsabile UOS Patologie dell’assorbimento intestinale, Area Gastroenterologia, Polo delle Scienze Gastroenterologiche ed Endocrino-Metaboliche Fondazione Policlinico Universitario Gemelli presso il Presidio Columbus di cui si parla in occasione del workshop “Il grano: alimento amico o subdolo nemico” che si svolge sabato 7 ottobre.

Le false diagnosi di celiachia

Tra le principali finalità del workshop c’è quella di fornire agli addetti ai lavori le basi per le diagnosi di tutte le patologie grano/glutine correlate: celiachia, allergia al grano/gastroenterite eosinofila e gluten sensitivity, che sono tre distinte patologie. La celiachia è una malattia autoimmune (in cui il sistema immunitario attacca le pareti dell’intestino) scatenata da reazione impropria al glutine, che è la principale proteina del grano. Ne soffre l’1% degli italiani. Prima considerata malattia rara, proprio per questi numeri (una persona su 100) con la elaborazione dei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), la celiachia è approdata nella categoria di malattia cronica invalidante.
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Il percorso diagnostico della celiachia è ancora irto di ostacoli. Infatti, nonostante le numerose iniziative volte a divulgare le modalità per giungere correttamente alla diagnosi e per tentare di omologare quanto più possibile la prassi che i medici dovrebbe adottare, esistono ancora incertezze e perplessità nel percorso diagnostico della malattia celiaca. “Questo contesto è poi aggravato dal fatto che da tante parti il glutine viene ingiustamente demonizzato – considera il professor De Vitis -, portando a troppe autodiagnosi di celiachia che poi sono di frequente sbagliate e che limitano gravemente l’ulteriore iter diagnostico. Occorre seguire le direttive scientifiche riprese in toto dal Ministero della Salute e diramate a tutti gli addetti ai lavori, ma che pochi conoscono e applicano”.

La gluten sensitivity

La vera sensibilità al glutine non celiaca, la cosiddetta gluten sensitivity, è molto meno frequente di quanto si creda. I primi dati disponibili sulla gluten sensitivity relativi a circa il 6% si basano su studi epidemiologici eseguiti negli USA, ma non vi sono ancora evidenze scientifiche in merito. Con gli studi fatti in Italia (studio epidemiologico multicentrico coordinato dall’Università di Bologna) si scende intorno all’1% della popolazione che lamenta disturbi (soggettivi) dopo aver mangiato grano. Ma al momento non ci sono dati certi. “Dal nostro studio (che ha riguardato oltre 400 persone che sono giunte all’ambulatorio di Patologie dell’assorbimento intestinale del Presidio Columbus-Gemelli nel 2016 e che e’ in corso di verifica su più larga) – prosegue il professor De Vitis – è emerso anche che il 25-30% delle richieste di visita sono per presunta sensibilità al glutine, e che quasi tutti questi pazienti ricadono invece nella diagnosi di intestino ‘irritabile’, che nulla ha a che vedere con il consumo di grano. Ma dai nostri dati preliminari quasi 1/5 di questi presunti sensibili al glutine (circa il 19%) – esclusa con certezza la celiachia – potrebbero nascondere altre condizioni immunologiche ancor oggi poco note sebbene scientificamente provate come le allergie alle altre proteine del grano”. Questo tipo di allergie ha una prevalenza dello 0,5% (in base a studi epidemiologici effettuati negli USA) ma potrebbero essere ancora sottostimate perche’ poco ricercate.
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“Oggi è possibile fare una diagnosi certa di celiachia, ma occorre seguire scrupolosamente gli algoritmi che la scienza e il Ministero mettono a disposizione di tutti i medici – ribadisce De Vitis – ; è preferibile per una maggiore utilizzazione di mezzi e di risorse umane che la diagnosi rimanga appannaggio di centri di eccellenza (i cosiddetti centri di riferimento) perche’ dietro la presunta diagnosi (spesso auto-posta) di gluten sensitivity (che porta come conseguenza a una autoprescrizione di dieta senza glutine, che impedisce poi una diagnosi certa di malattia celiaca) si possono nascondere altre patologie che è necessario evidenziare e non mimetizzare”. Presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli sono in atto diverse ricerche su più fronti per capire i meccanismi biologici in gioco (microbiota, assetto immunologico etc) per tutte queste patologie per arrivare a individuare marker diagnostici piu’ precisi per ciascuna di esse. In questo senso il meeting scientifico sara’ occasione per presentare le patologie note che possono essere scatenate dal contatto ripetuto con il glutine e di chiarire quali debbano essere i criteri diagnostici utilizzabili per arrivare a una diagnosi di certezza”.
EDIT: A causa di un errore, nell’articolo è stato inserito un grafico tratto da questo pezzo ma che poteva trarre in inganno in questo contesto. Grazie a Daniele per la segnalazione.

Leggi sull’argomento: Celiachia immaginaria: l’inutile fobia del glutine

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