La rivolta degli eletti grillini contro Di Maio e Di Battista

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-06

«Se i toni non cambiano, se a guidare le danze dev’essere Alessandro Di Battista e i retroscena che ci danno pronti per il voto non vengono smentiti, faremo firmare a tutti un documento per sfiduciare il capo politico»

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C’è una rivolta tra gli eletti grillini nei confronti di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. E c’è un documento preparato da deputati e senatori che mette in crisi i rapporti tra eletti e Capo Politico:

Si sono riuniti mercoledì sera, alla Camera, i 14 capigruppo nelle diverse commissioni del Movimento 5 stelle. Ed è stato durante quella riunione, seguita a una chat riservata, che uno di loro ha tirato fuori un messaggio subito recapitato a Luigi Di Maio: «Se i toni non cambiano, se a guidare le danze dev’essere Alessandro Di Battista e i retroscena che ci danno pronti per il voto non vengono smentiti, faremo firmare a tutti un documento per sfiduciare il capo politico». Che l’arma non sia così spuntata, i vertici M5S lo hanno capito quando — per l’ennesima volta — il tentativo di forzare la mano sull’elezione del capogruppo a Montecitorio, eleggendo un’unica squadra guidata da Francesco Silvestri, non è passato. Voto rinviato, probabilmente a gennaio, e proprio perché l’attuale reggente è considerato troppo vicino al leader.

Molti parlamentari M5S hanno guardato con sgomento all’escalation degli ultimi giorni. Il mandato sul fondo salva-Stati che avevano affidato a Di Maio era per trattare con il resto della maggioranza, non per rompere. E il ritorno al fianco del capo di Di Battista non li rasserena: i nuovi arrivati lo conoscono poco, chi è alla seconda legislatura ha vissuto come un tradimento la sua mancata candidatura. «Se volete che mi dimetta, dopo di me c’è solo Alessandro», ha detto a più persone Di Maio nei giorni di maggiore scontro con gli altri big del Movimento.

rivolta eletti grillini di maio di battista

Uno dei problemi è proprio Di Battista:

Ma Di Battista è colui che continua a definire il Pd «un partito di destra liberista», che ieri festeggiava la vittoria del referendum contro le riforme costituzionali di Renzi e che finge — dalla nascita del Conte 2 — di non sapere che il suo Movimento è alleato con i dem, con Leu, con Italia Viva. Soprattutto, finge di non aver sentito gli ultimi discorsi di Beppe Grillo: è il centrosinistra il campo in cui deve stare il nuovo M5S. Cambiando, guardando alle nuove divisioni mondiali, stando dalla parte dell’ambiente contro i sovranismi di Trump e Bolsonaro. Tutto questo, coloro che i detrattori chiamano ora “il magico duo”, e cioè Di Maio e Di Battista, sembrano non averlo capito. O accettato. O forse, pensano che l’umoralità di Grillo non gli permetta di stare davvero «più vicino» a Di Maio come aveva detto, lasciando loro le mani libere.

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