«La Rai può licenziarmi, il PD no»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-02-03

La ridicola polemica innescata dai parlamentari del Partito Democratico finisce per ritorcerglisi contro, e Massimo Giannini fa la figura dell’eroe. Ora sarà più difficile cacciare i “vecchi” da Raitre per piazzarci i renziani. Che geni, eh?

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I politicanti allo sbaraglio saranno contenti. Grazie all’improvvida e sciocca aggressività di un paio di suoi onorevoli – e al servilismo da conigli mannari del suo giornale di partito – il Partito Democratico è riuscito a fare la figura di un Berlusconi in Bulgaria qualsiasi in diretta tv ieri sera a Raitre, dove Massimo Giannini ha spiegato alcune elementari regole dei rapporti tra stampa e politica agli idealmente attoniti Michele Anzaldi ed Ernesto Carbone, che hanno continuato per una settimana ad attaccarsi a una frase estrapolata per sostenere una presunta diffamazione nei confronti della famiglia Boschi che né il padre né la figlia hanno annunciato l’intenzione di querelare.


«La Rai può licenziarmi, il PD no»

Di più: con la frase «La Rai può licenziarmi, il PD no» Giannini ha buttato di nuovo la palla nel campo del Partito Democratico dipingendolo davanti a milioni di spettatori come autoritario e rancoroso oltre che aggressivo nei confronti di un giornalista che di diritto ora sarà iscritto al gruppo dei “non allineati”, e per questo molto più difficile da rimuovere. Un capolavoro di intelligenza politica che soltanto geni come Michele Anzaldi ed Ernesto Carbone potevano ottenere. Quest’ultimo, in particolare, ha cominciato a urlare alla villanìa di Giannini via agenzia di stampa dopo non aver aperto bocca in diretta mentre la frase incriminata veniva pronunciata, guadagnandosi così la giusta perculata di Giannini durante l’editoriale di ieri:

Altri esponenti del Pd, generosi, mi offrono almeno una scappatoia: “Giannini chieda scusa”. Qualcuno lo fa a scoppio ritardato. Ernesto Carbone era qui in studio a Ballarò, martedì scorso, magari ve lo ricorderete, e proprio a lui mi rivolgevo con la formula “incriminata”, sintetizzando quanto avevano appena sostenuto il collega Antonio Padellaro e l’onorevole Mara Carfagna a proposito del presunto conflitto di interessi di Maria Elena Boschi e di suo padre Pierluigi. In quel momento, durante la diretta, Carbone non ha battuto ciglio, né obiettato alcunché (non essendoci evidentemente nulla da obiettare, tanto era chiaro e “innocente” il senso delle mie parole). Ma ventiquattrore dopo deve aver cambiato idea, forse folgorato dall’accusa postuma di Anzaldi.

E che dire di Michele Anzaldi, già impegnato in una comica retromarcia qualche giorno fa quando ci faceva sapere di non conoscere la differenza tra calunnia e diffamazione e di essere tanto preparato nella materia che stava giudicando da parlare di “reato penale”?

L’editoriale di Massimo Giannini a Ballarò di next-quotidiano

I conigli mannari del PD

Nulla, se non ricordare che se i renziani del Partito Democratico miravano davvero ad occupare militarmente Raitre per farne il megafono del governo, mettendo all’asta i posti di direttore generale, direttore del Tg3 e conduttore del talk di approfondimento, con la mossa della polemica hanno pesantemente attirato l’attenzione sulle loro mosse. Adesso sarà molto più difficile fare quello che avranno in mente. Perché rimuovere un critico per mettere un servo può essere un metodo che può funzionare in giornali falliti che ormai non legge nessuno, non alla Rai, dove tutto è sotto osservazione e i giornali sono pronti a scrivere. Questi turisti della democrazia e della libertà dell’informazione adesso dovranno trovare un altro piano per piazzare gli amici degli amici. Che geni, eh?

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