La morte addosso

di Antonella Grippo

Pubblicato il 2020-11-18

In questo nostro tempo digitale, gli annunci della morte di personaggi famosi, a causa del virus o di altre patologie feroci, ci raggiungono in vorace e velocissima sequenza. Volti e figure, da sempre inquilini del nostro immaginario, disertano, all’improvviso, la consuetudine di stare tra noi. Per contiguità televisiva, per vicinanza simbolica. Apprendiamo, con altrettanta celerità, …

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In questo nostro tempo digitale, gli annunci della morte di personaggi famosi, a causa del virus o di altre patologie feroci, ci raggiungono in vorace e velocissima sequenza.

Volti e figure, da sempre inquilini del nostro immaginario, disertano, all’improvviso, la consuetudine di stare tra noi. Per contiguità televisiva, per vicinanza simbolica.

Apprendiamo, con altrettanta celerità, di scomparse che riguardano l’emisfero di facebook. Se ne vanno amici virtuali che avevi incrociato lungo le tue erranze in web.

La rete, insomma, si incarica di renderti immediatamente nota la Morte. Che non è più faccenda di altri, ma irrimediabilmente tua.

E così, la Grande Consolatrice, quella che viene a rapinarti il respiro, ti balla intorno, prenota i tuoi treni, sale sui tuoi taxi; ti usurpa gli specchi. Talvolta, qualche brandello di poesia misto al tuo fard. Si aggira in prossimità di un annoiato caffè, accende l’ultimo millimetro di una sigaretta in declino. Abita fragorosamente le pieghe delle nostre attualità. Ama accovacciarsi nel seminterrato di un innocuo pomeriggio autunnale. Ogni tanto, la senti muovere passi di rumba lungo i fondali della notte. O suonare musiche di bronzo, quale insuperata orchestrale della campana di Hemingway. Ti sorveglia. Non molla. Dispone di soldati simbolici sempre svegli. Di guarnigioni che presidiano le tue insonnie. Trattiene in ostaggio le cellule dell’anima dentro pareti inamovibili. Sparge indizi di sé nella regione desolante della paura. Lei è Sovrana su qualsivoglia, residuale ragionevolezza. L’idea della morte, al tempo di internet più che in passato, confisca ogni altro sentire. Invade le paludi dell’Es. Potente e dispotica, ineludibimente, detta lo spartito greve, il ritmo delle arterie. La senti sporgere da una vicinissima eco. Come superba orchestrale della campana di Hemingway.

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