La biada mediatica del Piano Savona

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-08-01

La quotidiana dose di biada mediatica propalata alle masse telelobotomizzate sostiene che l’unica fonte della crescita economica sia la spesa pubblica. A furia di propinarla a reti ed edicole unificate la gente ormai è convinta che se Babbo Stato non butta mazzi di soldi dalla slitta trainata da renne volanti, la mitica Domanda (il Sacro …

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La quotidiana dose di biada mediatica propalata alle masse telelobotomizzate sostiene che l’unica fonte della crescita economica sia la spesa pubblica. A furia di propinarla a reti ed edicole unificate la gente ormai è convinta che se Babbo Stato non butta mazzi di soldi dalla slitta trainata da renne volanti, la mitica Domanda (il Sacro Graal delle farneticazioni) ristagna. E di conseguenza le imprese non vendono, i salari non si pagano e le cavallette si diffondono.

Per capire cosa implicano in pratica queste forme di analfabetismo economico webetizzato, per produrre il miracolo della moltiplicazione del reddito e dell’occupazione basta che un qualsiasi burocrate (padano, romano o di Pomigliano a seconda della stalla televisiva) stacchi un assegno e lo recapiti ai suoi sodali stravaccati su un divano. E d’incanto si viene teletrasportati nel Nirvana keynesiano.

piano savona
Verrebbe da chiedersi come mai nonostante la mirabolante scoperta ormai oltre 80 anni fa di tale portento (che nei canili accademici si spaccia per politica economica), non si sia ancora debellata la povertà nel mondo. Con un assegno cabriolet garantito dal Di Maio, dal Renzi, dal Putin, dall’Erdogan, dal Maduro o dal Bokassa di turno tutti i mali del mondo verrebero mondati.

In un paese caratterizzato dall’analfabetismo non solo economico, il terreno per far attecchire queste fole è stato concimato da decenni di menzogne politico sindacali, ma questa pagliaccesca fase politica il propalatore à la page di tale bufala è cotal Savona, un tempo boiardo di sottogoverno, dirigente confindustriale, banchiere e grand commis, riciclatosi come subcomandante nel governo dei descamisados giallo verdi.

Le cronache lo narrano intento a definire il punto esatto dove eserciti di nuovi occupati a libro paga statale scaveranno buche con picco e badile usando i 50 miliardi del surplus di bilancia dei pagamenti. Poco importa che di quei miliardi siano proprietari cittadini e imprese private e il governo (a meno che non metta in atto un esproprio gigantesco) non possa toccarli. Nella mente del subcomandante sotto inchiesta per usura queste sono iniezie. Se nell’immaginario di sinistra non si interrompe un’emozione, per i nuovi veltronzi non bisogna interropere i sogni al Viagra keynesiano degli ultraottantenni.

Nel magggico mondo di Savona, un governo in cui sul TAV si litiga furiosamente, che aborrisce il consumo di suolo, che detesta gli investimenti in infrastrutture idriche (con la scusa imbecillesca dei beni comuni), che ha fatto dell’arretratezza e della decrescita la sua stella polare, sarebbe in grado di implementare un programma di opere pubbliche nuove di zecca da 50 miliardi di euro. In un paese nella cui capitale la compagna di merende delle teste di governo non riesce a coprire le buche sulle strade nel frattempo diventate le voragini. Esattamente come il bilancio dello stato affidato alla mente malata dei somaristi giallo verdi.

Leggi sull’argomento: Il piano A di Paolo Savona spiegato

 

(foto da qui)

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