L’Italia chiude i porti per l’emergenza Coronavirus?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-08

La bozza di un decreto in preparazione citata dall’AGI dice che per tutta la durata dell’emergenza Coronavirus l’Italia non è più un porto sicuro

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L’Italia chiude i porti alle navi delle Ong a causa dell’epidemia da coronavirus? Lo prevede un decreto, ancora in forma di bozza, messo a punto dei ministeri degli Esteri, Trasporti, Interni e Salute, citato dall’agenzia di stampa AGI. “Per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Cvid-19 – si legge – i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of safety (‘luogo sicuro’), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca e il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana”. L’articolo 2 del decreto indicano che le le “disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data della sua adozione e per la durata del periodo di emergenza sanitaria”. Il provvedimento, che reca la data del 7 aprile 2020 e un numero di protocollo, arriva nel momento in cui la nave della ong Alan Kurdi, con a bordo 150 migranti, è in attesa al largo di lampedusa dell’assegnazione di un porto di sbarco. La bozza di decreto è siglata dai quattro ministri interessati: Luigi Di Maio, Paola De Micheli, Luciana Lamorgese, Roberto Speranza.

sea eye alan kurdi ong italia chiude i porti

Interpellato dall’Adnkronos, il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia conferma indirettamente gli orientamenti del governo: “Stiamo vivendo una situazione d’emergenza senza precedenti, da ora in poi -risolto il caso Alan Kurdi- bisogna decidere come operare. Se arriva una nave con 200-500 migranti a bordo non possiamo mettere in piedi un sistema di quarantena su navi private”. Intanto sul campo resta l’ipotesi di trasferire i 150 migranti a bordo della nave della ong battente bandiera tedesca, già nelle prossime ore, in una nave della Croce rossa italiana, dove potrebbero trascorrere la quarantena, mentre il governo valuta di considerare, a partire dai prossimi casi, l’Italia porto non sicuro, a causa dell’emergenza sanitaria con cui il Paese è alle prese: su questo, non a caso, ieri circolava già una bozza di decreto. “Le ong hanno salvato delle vite in mare? Ok – dice Sibilia, avanzando una sua proposta – se la destinazione più vicina siamo noi, allora si entra in porto, ma la quarantena dei richiedenti asilo va fatta sulla stessa nave della ong che ha prestato soccorso. E’ questa la soluzione da mettere in campo. Ammesso che si possa considerare il nostro Paese ancora un Place of Safety, un posto sicuro – ammette il sottosegretario – Con un’emergenza di tale portata ancora in corso, non credo possiamo più garantirlo”.

alan kurdi

L’Unhcr invece invita il governo italiano a “garantire le richieste di asilo” per i migranti che fuggono dalle guerre, secondo Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati per il sud Europa rispondendo a una domanda sulla bozza di decreto che definisce “non sicuri” i porti italiani nel caso di sbarchi di migranti da navi di ong. “Qualsiasi restrizione – spiega – deve comunque assicurare che le persone che fuggono da guerre abbiano accesso alla possibilita’ di fare richiesta di domanda di asilo”. “Le misure sanitarie – aggiunge – sono comprensibili”, ma queste “non possono avere conseguenze gravi sulle persone che fuggono dalle guerre” e “impedire che si facciano domande di asilo”. “Le persone continuano a fuggire dalla guerra in Libia, che l’epidemia da coronavirus non ha fermato”, ricorda Sami, che sottolinea come oggi “la capacita’ di salvataggio nel Mediterraneo sia ridotta, e la Alan Kurdi sia “l’unica” nave ong nell’area”. Inoltre, “le condizioni meteo favorevoli” spingono all’attraversamento del mare. La chiusura dei porti non impedisce di fatto la possibilita’ di domande di asilo? “Certo, infatti”, ha risposto la portavoce dell’Unhcr.

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