Opinioni
La folle corsa dell’Italia verso il muro delle agenzie di rating
di Fabio Scacciavillani
Pubblicato il 2018-10-06
La folle corsa verso la bancarotta dell’Italia in cui si è lanciato il torpedone della masnada giallo-verde andrà a sbattere prima di tutto contro un muro chiamato agenzie di ratings. Gli analisti di Société Generale ricordano che Moodys può declassare l’Italia da un momento all’altro, dando al governo italiano un preavviso di soli due giorni, […]
La folle corsa verso la bancarotta dell’Italia in cui si è lanciato il torpedone della masnada giallo-verde andrà a sbattere prima di tutto contro un muro chiamato agenzie di ratings. Gli analisti di Société Generale ricordano che Moodys può declassare l’Italia da un momento all’altro, dando al governo italiano un preavviso di soli due giorni, senza aspettare la fine di ottobre (come annunciato in precedenza). Insomma dopo la diffusione della famigerata Nota Aggiuntiva al Def è tempo di vibrare la mazzata. Ma le cifre scritte a casaccio su cui si regge la Manovra del Popolo – come un Salvini dopo le birre ad un raduno leghista – non fanno altro che confermare lo sfascio dei conti pubblici. Quindi l’avvertimento perentorio agli investitori di sbarazzarsi della paccottaglia di Bot e Btp che masochisticamente ancora detengono, suonerà come la sirena sulla tolda del Titanic.Société Generale osserva che Moodys raramente mantiene l’outlook negativo per più di tre mesi e peraltro le condizioni per un downgrade erano già ampiamente giustificate appena conosciuti i risultati delle elezioni. Però Société Generale ottimisticamente prevede che se Moodys dopo il declassamento mantenesse un outlook stabile i mercati potrebbero addirittura tirare un sospiro di sollievo.
Ma questo outlook non potrebbe ignorare che il governo italiano ha deliberatamente imboccato la rotta di collisione con l’Unione Europea. Anche JP Morgan Chase si attende che il marchio junk sul debito italiano non verrà impresso a questo giro, ma pecca di troppo ottimismo su un punto cruciale: la reazione delle istituzioni europee. Per qualche arcano motivo molti analisti di mercato sono convinti che Commissione Ue e Bce si caleranno le braghe di fronte alla tracotanza degli squinternati per non esacerbare gli animi prima delle elezioni europee. Tuttavia, gli stenterelli della City non si rendono conto che la battaglia elettorale importante non si gioca nel Belpaese, ma in Germania e Francia. In fin dei conti Salvini e Di Maio sono solo due novelli Tsipras e Varoufakis, solo più ignoranti e inesperti. Si possono tranquillamente asfaltare senza grosse conseguenze. Il vero pericolo sono l’AfD in Germania e quel che resta del movimento lepenista in Francia. Una loro affermazione potrebbe spostare davvero l’asse politico del Continente. E le loro probabilità di successo aumenterebbero proprio se il parassitismo straccione italiano venisse tollerato e magari addirittura incoraggiato. Quindi la partita del rating si gioca in realtà sulla reazione della Commissione Europea alla legge di bilancio che le deve essere recapitata tra una settimana. Se l’atteggiamento negativo della Ue si ripercuotesse sullo spread, è ovvio che la sostenibilità del debito pubblico italiano andrebbe a farsi benedire da Padre Pio. Da mesi, come ha sottolienato Citi Group, l’unico compratore sul mercato dei titoli pubblici italiani è la Bce. Ma l’ammontare del Quantative Easing ad ottobre si è dimezzato e a dicembre verrà azzerato. Quindi i 300 punti di spread oggi segnano un allarme rosso pari ad almeno 500 punti nella situazione prevalente prima che venisse iniettata la droga monetaria da Francoforte. E questo aspetto che le agenzie di ratings non sembrano aver preso in considerazione a gennaio esploderà in tutta la sua potenza dirompente. Ammesso che si arrivi a gennaio.
foto di copertina da qui