Istat: addio alle “scene da matrimonio”

di Erennio Ponzio

Pubblicato il 2018-09-07

Papa Francesco farebbe bene, oltre ad occuparsi di immigrazione e di capitalismo, a leggersi gli ultimi dati Istat sulla popolazione, sfornati solo qualche giorno fa. Emerge principalmente un fenomeno, che spiega l’invecchiamento medio della popolazione: ci si sposa sempre meno e si fanno pochissimi figli. Certo, lo sapevamo già ed è una tendenza in linea …

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Papa Francesco farebbe bene, oltre ad occuparsi di immigrazione e di capitalismo, a leggersi gli ultimi dati Istat sulla popolazione, sfornati solo qualche giorno fa. Emerge principalmente un fenomeno, che spiega l’invecchiamento medio della popolazione: ci si sposa sempre meno e si fanno pochissimi figli. Certo, lo sapevamo già ed è una tendenza in linea con quella degli altri Paesi europei. Ma non è un problema soltanto di secolarizzazione, con l’abito bianco che tira sempre meno: aumenta soprattutto il numero di coloro che restano nubili o celibi, cioè “single” per dirla con il termine più voga.

Le cifre sono significative: dal 1991 le persone sposate sono scese di tre milioni e 843mila unità proprio a vantaggio dei “single”, che sono cresciuti di tre milioni e 90mila. Quindi un vero e proprio travaso tra le due categorie. Nello stesso periodo sono aumentati di oltre 972mila unità i divorziati, più che quadruplicati (da circa 376mila ad oltre un milione e 672 mila). Oltre a diminuire, ciò che resta della nuzialità è sempre più posticipato. Sempre dal 1991 ad oggi, gli sposati nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, quella che fino a ieri costituiva quasi la regola per l’anello al dito, sono crollati dal 51,5 al 19,1 per cento per gli uomini, dal 69,5 al 34,3 per le donne. E’ chiaro che anche il numero dei figli ne risente.

matrimonio istat

Sono numeri che stanno trasformando radicalmente la nostra società e, di conseguenza, la nostra vita quotidiana. Incidono sulla tenuta sociale di ampi territori, specie quelli montani, sempre più spopolati e a corto di ragazzi. Condizionano l’istruzione, il lavoro, il mercato immobiliare, la previdenza. Tra le cause c’è indubbiamente la stagnazione economica, ma anche la scelta di esistenze più libere e autonome. La figura della “zitella”, da commiserare o da prendere in giro, s’è definitivamente eclissata a vantaggio di signore indipendenti, orgogliose, affermate, con agende piene di interessi e di impegni, casomai compresa la terapia dallo psicologo.

Il dato sul crollo dei matrimoni e dei figli s’inserisce in un quadro demografico generale per nulla esaltante. Al primo gennaio 2018 la popolazione residente in Italia era pari a 60 milioni e 484mila unità, con un quarto calo consecutivo rispetto alle precedenti rilevamenti. L’età media è salita a 45,2 anni: solo in Giappone e in Germania è più elevata, mentre in molti Stati africani (Angola, Ciad, Mali, Niger, Uganda) è tra i 15 e i 16 anni. Soltanto il 13,4 per cento della popolazione italiana ha meno di 15 anni (nel Nord Africa è più del doppio, nel cuore dell’Africa si arriva al 50 per cento), mentre gli ultraottantenni nel Belpaese costituiscono il 7 per cento degli abitanti della Penisola. L’istituto matrimoniale, insomma, sta evitando l’estinzione solo come un evento da social, vedi la coppia Fedez-Ferragni?

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