Il vero down ieri è stato quello dei sovranisti. Ed è una buona notizia per il Paese

Categorie: Opinioni

"Mentre Facebook collassava in tutto il mondo (e le sue azioni crollavano in borsa), Salvini e Meloni precipitavano alle urne. Il sovranismo è andato in down, ma la sensazione è che non basterà qualche ora - e qualche straccio in aria - per risolverlo"

A freddo, al netto anche del Facebook down di ieri. Le elezioni amministrative del 3-4 ottobre 2021 ci hanno detto sostanzialmente tre cose:



Primo. La destra a trazione sovranista così come la conoscevamo è clinicamente morta e i suoi profeti, Salvini e Meloni, ne sono usciti drammaticamente ridimensionati. Certo, sono “solo” le amministrative, dove il profilo del candidato (vedi Sala a Milano e Manfredi a Napoli, ma lo stesso Gualtieri a Roma) pesa infinitamente più della pancia e del voto d’opinione, e i candidati proposti da Ruspa & Vispa erano talmente imbarazzanti (volutamente?) che avrebbero perso anche in una gara contro se stessi.

Due. Se esiste un vincitore in un’elezione dominata dall’astensionismo, quello è senza dubbio il Partito Democratico. Che sfiora il 34% a Milano, supera il 28 a Torino, elegge Lepore a Bologna, è primo partito a Napoli, Un’apoteosi, come non si vedeva da tempo. Che gli restituisce con agio il ruolo di guida del blocco progressista e premia il lavoro di paziente ricucitura della rottura sentimentale con il Paese operata in questi mesi da Letta, che strappa anche un seggio alle Suppletive di Siena e poi si ferma a parlare coi giornalisti per un’ora e mezza, come non si vedeva dai tempi dell’Ulivo.



da Instagram

Tre. L’esperimento di alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle non è del tutto fallito, ma come minimo richiede un tagliando e di sicuro vede modificarsi (e non poco) i rapporti di forza. A Milano Sala ha esondato anche (o forse proprio per quello) senza i 5 Stelle. A Bologna i grillini hanno inciso per un misero 3,4% sul 62% con cui ha trionfato Lepore, al punto da renderlo ininfluente. A Napoli, nella terra di Fico e Di Maio, il M5S non riesce neppure ad andare in doppia cifra e non sposta, di fatto, gli equilibri di una partita già scritta. Dove il partito di Conte si è presentato da solo ha rimediato sempre scoppole leggendarie, specie nelle due città – Roma e Torino – che cinque anni fa avevano rappresentato il simbolo dell’exploit del Movimento 5 Stelle di governo. Insomma, queste elezioni ci hanno detto che il Pd può fare tranquillamente a meno del M5S, ma il M5S non può fare a meno del Pd. Ed è una notizia che, alla vigilia, non era così scontata.

da Twitter

Più in generale, queste elezioni segnano una brusca inversione di tendenza verso una politica retrò in cui torna a dominare il bipolarismo secco, crollano i populisti (emblematico il flop di Paragone che non riesce neanche a entrare in Consiglio a Milano), sovranisti ed estremisti cedono il passo ai moderati e il riformismo torna ad essere un’offerta politica ricevibile (vedi Sala a Milano e l’exploit di Calenda a Roma).



Sembra di essere tornati indietro di colpo a dieci anni fa, prima dell’avvento dei 5 Stelle, molto prima della stagione del sovranismo. Comunque andrà a finire, è una buona notizia per il Paese che, però, andrà confermata in quelli che sono i veri banchi di prova nei prossimi due anni: l’elezione del Presidente della Repubblica a gennaio prossimo e, soprattutto, le elezioni Politiche del 2023 (?), dove il voto d’opinione tradizionalmente conta molto di più e i nomi dei candidati molto meno: terreno fertile per demagoghi e avventurieri della politica.

Presto, prestissimo per cantar vittoria. Ma certo, il messaggio che arriva dalle amministrative è forte e chiaro. Mentre Facebook collassava in tutto il mondo (e le sue azioni crollavano in borsa), Salvini e Meloni precipitavano alle urne. Il sovranismo è andato in down, ma la sensazione è che non basterà qualche ora – e qualche straccio in aria – per ripararlo.