Il successone di Immuni: dopo 41 giorni appena un positivo scoperto grazie all’APP

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-22

Dall’8 giugno, quando in via sperimentale in quattro regioni si dava il va libera alla App scelta dal governo per scovare chi è entrato a contatto con una persona positiva, soltanto domenica, riferisce oggi La Stampa,  un commerciante di Chieti  ha scoperto di essere stato contagiato

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L’app IMMUNI ad oggi non è un successone: dall’8 giugno, quando in via sperimentale in quattro regioni si dava il va libera alla App scelta dal governo per scovare chi è entrato a contatto con una persona positiva, soltanto domenica, riferisce oggi La Stampa,  un commerciante di Chieti  ha scoperto di essere stato contagiato e ha potuto mettere al riparo la sua famiglia: è il primo caso noto, conferma il ministero dell’Innovazione. Ma è solo uno delle migliaia di casi registrati da quando la App è attiva. Spiega il quotidiano:

Un flop che ha una spiegazione semplicissima: gli italiani non amano Immuni, come appare evidente dal numero di quanti a oggi l’hanno scaricata. Appena 4,2 milioni a un mese dal momento in cui è diventata operativa su tutto il territorio nazionale. Una cifra così bassa che la rende pressoché inutile visto che, secondo quanto indicato all’inizio dagli stessi esperti nominati dal governo, per funzionare si sarebbe dovuti arrivare almeno al 50-60% di download.  Come dire che avrebbero dovuta installarla fra i 20 e i 25milioni di italiani, considerando che non può essere utilizzata dai minori di 14 anni. Quindi siamo circa a un quinto di quell’obiettivo. Anzi, anche meno, visto che Altroconsumo, dopo averla testata a lungo, stima che qualche centinaia di migliaia non l’abbiano poi effettivamente avviata, «dimenticando» di compilare le richieste dati delle schermate iniziali.

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Come funziona l’app IMMUNI (La Stampa, 22 luglio 2020)

Altroconsumo ha confermato che l’app e non accede ad alcun dato personale o sensibile. Non geolocalizza la posizione Gps di chi la utilizza, né accede a rubrica dei contatti, mail, file salvati e a quant’altro è custodito nel nostro smartphone. Così come ha trovato conferma che l’unico server al quale Immuni invia in forma anonima i suoi dati è quello di Sogei, la società di informatica pubblica. Ma questo non è bastato per il suo successo:

I problemi nascono però proprio quando arriva l’allarme. Perché l’unico suggerimento che fornisce Immuni è di mettersi in quarantena volontaria per almeno 14 giorni. Di link con medico di base, Asl, ospedali e di tamponi nemmeno a parlarne. E sarà forse anche questa indeterminatezza a non aver  fatto scattare la scintilla tra italiani e App. Per non parlare delle questioni di natura tecnica. Tanto per cominciare Immuni richiede la presenza almeno di Android 6 o IOs 13.5. Tradotto: non funziona sui vecchi telefonini, a partire dagli iPhone6 e dagli Android precedenti al 2015, come il Samsung Galaxy S4 e S3 e Lg G2, tanto per citare due nomi famosi. Poi c’è il problema degli aggiornamenti. Se su i-Phone se non si scarica il “13.6” la App va in «stato di errore».

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