Economia

Ignazio Visco: il capro espiatorio dei problemi del PD con le banche

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-10-18

Il governo di Matteo Renzi ha subito un attacco mediatico (mal indirizzato) senza precedenti sulle banche in crisi e questo ha fatto perdere molta popolarità all’ex premier. Che oggi però vuole vendicarsi della persona sbagliata

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– “Quello che dovevamo dire lo abbiamo detto ieri”: Matteo Renzi, a margine della tappa a Fano del treno del PD, ha liquidato così i cronisti che gli chiedevano della vicenda Bankitalia e della mozione fatta approvare ieri alla Camera in cui il Partito Democratico ha chiesto (ma anche non-chiesto) l’addio di Ignazio Visco alla carica di governatore di via Nazionale.

Ignazio Visco: il capro espiatorio dei problemi del PD con le banche

Il giorno dopo, insomma, quella mozione fatta votare dal Partito Democratico fatica a trovare un padrino. Anzi, di più: perché la prima firmataria Silvia Fregolent ai microfoni di 6 su Radio 1 ha sostenuto che “Non ce l’abbiamo con Visco, altrimenti avremmo scritto in maniera trasparente il nome di Visco”. E in un’intervista al Corriere della Sera ha rincarato la dose di indeterminazione: “Semmai questo si può dire delle mozioni di altri partiti. Il nome di Visco noi non lo abbiamo mai fatto. Il Parlamento non può occuparsi della banche solo quando deve fare il lavoro scomodo. Noi ci abbiamo messo la faccia votando 8 decreti. Ora, nel rispetto delle istituzioni, diciamo solo che serve un nuovo impulso”. Vuol dire che Ignazio Visco non va confermato? “La mozione non dice questo – risponde la deputata del Pd – La nuova mission della Banca d’Italia è quella di restituire ai cittadini la fiducia nel sistema bancario che ha subito un serio colpo di credibilità. Serve un cambio di passo che potrebbe essere affidato allo stesso Visco”. Ma allora cosa vuole il PD? Un cambio della tappezzeria, una riverniciata alla facciata di via Nazionale, cosa?
ignazio visco bankitalia matteo renzi
Mentre fior di editorialisti parlano di entrata a gamba tesa, inutile e dannosa, i retroscena come quello firmato da Maria Teresa Meli sempre sul Corriere ci regalano qualche virgolettato che ci aiuta a una maggiore comprensione: «Io ho il massimo rispetto istituzionale per il Quirinale e Palazzo Chigi, però non faccio parte di quelli che hanno difeso il sistema economico e finanziario di questo Paese. E vorrei che fosse chiaro. Riconfermino pure Visco, noi non facciamo invasioni di campo, ma non avalliamo questa operazione», avrebbe detto “Renzi ai suoi”, secondo la formula tradizionale. La mozione, secondo le intenzioni di Renzi, non sembra quindi voler fermare la riconferma di Visco ma soltanto fissare la bandierina di un punto politico che già altri come Maria Elena Boschi avevano posto in evidenza.

La Vigilanza di Bankitalia e il governo Renzi

Renzi, insomma, secondo il racconto dei retroscena, sa che questa presa di posizione non fermerà la riconferma di Ignazio Visco, ma vuole che sia chiaro che il PD non avalla quell’operazione: “È determinato: vuole evitare che il partito venga coinvolto nuovamente «in maniera strumentale», in prossimità delle elezioni, nella vicenda delle banche”. E pazienza se tra chi non la capisce c’è anche il senatore del Partito Democratico Massimo Mucchetti: “L’autonomia e l’indipendenza della Banca d’Italia sono beni preziosi, oggetto in passato di attacchi irresponsabili da parte della politica. Le modalità di nomina del governatore sono stabilite dalla legge, così la governance. Il Pd è il principale partito di governo. Se davvero ritiene non congrue le procedure, allora vari i provvedimenti del caso, senza mozioni dell’ultima ora, dal sapore propagandistico”.
pier luigi boschi maria elena boschi
Di certo è comprensibile che gli esponenti di governo siano rimasti scottati dalla vicenda delle quattro banche di un colore solo prima e dal caso MPS poi. La stessa Boschi fu oggetto di una mozione di sfiducia con argomenti insensati e accuse surreali. Ma si tratta della stessa Maria Elena Boschi che, oltre alla querelle (senza querela) con De Bortoli, accusava velatamente Bankitalia di aver sbagliato a suggerire per Banca Etruria un’aggregazione con Banca Popolare di Vicenza.

La Vigilanza che non vigila, il governo che non decide

Detto ciò, Bankitalia si è difesa in molte occasioni contro chi la accusava di non aver vigilato abbastanza sulle banche, con argomenti non sempre convincenti. Fonti della Banca d’Italia, nella serata di ieri, hanno sottolineato in primo luogo che «nella sua azione l’Istituto ha sempre agito in contatto con il governo». «La Banca d’Italia fa interamente il suo dovere nelle diverse funzioni che svolge, applicandovi competenza e coscienza. In particolare—s i sottolinea —nella vigilanza bancaria, in questi anni segnati dalla più grave crisi economica della storia moderna d’Italia, ha difeso il risparmio nazionale limitando i danni». Danni, si aggiunge, «che non potevano non esserci data la gravissima condizione dell’economia». I casi di gestione bancaria «cattiva o criminale» sono «stati contrastati per quanto consentito dalla legge» e, «quando opportuno,segnalati alla magistratura» sottolineano le stesse fonti della Banca centrale, assicurando la massima collaborazione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario appena insediata. Un’efficienza che, ad esempio, non è stata proprio percepita nel caso di Carige, dove la situazione è stata fatta incancrenire prima dell’intervento decisivo.

Dall’altra parte, però, al netto delle presunte offerte di risiko bancario, come dimenticare l’eterno cincischiare sulla soluzione per il Monte dei Paschi di Siena, che il governo Renzi ha rimandato causa referendum mentre i suoi componenti favoleggiavano di misteriosi e favolosi acquirenti arabi (probabilmente dotati di sveglia al collo) che sarebbero arrivati a salvare Cenerentola, fino al salasso di Gentiloni? E il caso delle quattro banche, lasciato incancrenire fino all’ultimo giorno con trattative estenuanti con la Commissione Europea che alla fine hanno portato poco o nulla? Il governo Renzi lasciò quella situazione – come altre – a marcire e vide infine il bubbone scoppiargli in faccia. Questo non fu in alcun modo colpa di Bankitalia. Ignazio Visco diventa invece un capro espiatorio elettorale per la necessità di una posizione politica troppo arzigogolata per essere davvero compresa in campagna elettorale: “Vogliamo mandarlo via, ma anche no anzi non lo abbiamo nemmeno nominato. E comunque lui ha le sue responsabilità“. Certo. Come tutti.

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