I vitalizi ai condannati restano?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-04-13

Il Parlamento non ha ancora deciso. Il rischio è che rimanga tutto com’è

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Tutto comincia da Totò Cuffaro. Dal suo vitalizio di 6mila euro al mese tolto dopo la condanna nascono tutti i problemi sui vitalizi ai condannati. C’è chi vorrebbe toglierli, ma, racconta oggi Sergio Rizzo sul Corriere, i pareri chiesti ai costituzionalisti sul punto non concordano:

Fra Camera e Senato, come ha raccontato qualche settimana fa sul Corriere Dino Martirano, ne sono stati chiesti addirittura otto, a otto fra costituzionalisti, giuristi,consiglieri e presidenti emeriti della Consulta.Nomi come Sabino Cassese, Michele Ainis, Alessandro Pace, Massimo Luciani, Giancarlo Ricci, Franco Gallo, Valerio Onida e Cesare Mirabelli. Con l’ovvio esito di trovarsi di fronte a otto punti di vista non coincidenti. E sorvoliamo sul costo: pure chi (per esempio Onida) aveva manifestato l’intenzione di svolgere l’incarico gratuitamente, ha dovuto in seguito alle insistenze degli uffici staccare la parcella minima. Da 8mila euro.

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E quindi, racconta il Corriere, alla fine potrebbe restare tutto com’è:

Il risultato è che mercoledì prossimo, alla riunione congiunta fra i vertici di Camera e Senato per stabilire il da farsi, si finirà probabilmente per rimandare la soluzione a un’apposita legge. Un provvedimento complicato, dove non si potrà non tener conto della legge Severino che impone l’incandidabilità per pene superiori a due anni. Ma che, immaginiamo, sarà anche un terreno di scontro feroce sulla retroattività delle sanzioni. E se nel frattempo, come vorrebbe qualcuno, anche la legge Severino venisse modificata… Speriamo soltanto che non venga fuori l’ennesimo pasticcio,però le premesse ci sono tutte. Come ci sono per un’altra rogna che la Camera dovrà affrontare giusto il giorno prima, martedì 14. Domani è infatti prevista la riunione della cosiddetta commissione contenziosa, composta dall’ex grillino Tancredi Turco, dal democratico Alberto Losacco e dal forzista Antonio Marotta, competente per giudicare sui ricorsi dei dipendenti. Pure alla Camera i sindacati hanno contestato il taglio degli stipendi previsto per allinearsi al tetto dei 240 mila euro fissato alle retribuzioni di tutti i dipendenti pubblici. Ma è una decisione, quella affidata domai ai tre, che difficilmente nonsarà influenzata da quanto è già accaduto al Senato. Lì i 14 sindacati dei dipendenti non sono riusciti a evitare la riduzione degli stipendi ma hanno portato ugualmente a casa un risultato clamoroso: la temporaneità dei tagli. Resteranno in vigore solo fino al 31 dicembre 2017. Due anni o poco più: poi si vedrà.I miracoli dell’autodichìa, principio assurdo in base al quale gli organi costituzionali stabiliscono le regole per se stessi, in barba a quelle che valgono per gli altri comuni mortali, non cessano di stupirci. Ma c’è da chiedersi se nel 2015 tutto questo abbia ancora un senso.E la risposta è ovviamente una sola: no.

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