Guelfo Guelfi: l'ex Lotta Continua nel CdA della RAI

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-08-05

Ex Lotta Continua, spin doctor delle campagne di Renzi e responsabile di Florence Multimedia. Un fedelissimo del premier a Viale Mazzini. Con le idee piuttosto chiare

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Il suo nome evoca fiorentinità allo stato puro, e anche di un certo tipo visto che i guelfi stavano con il Papa e i ghibellini erano i laici. Guelfo Guelfi è il nome del premier nel consiglio di amministrazione della RAI ed è un fedelissimo del premier Matteo Renzi: è stato spin doctor delle sue campagne elettorali oltre che direttore  creativo di Florence Multimedia, società che si occupa della comunicazione istituzionale della Provincia di Firenze. E tanto per rispondere a chi dice che Matteo nomina solo persone della sua ristretta cerchia fiorentina, è addirittura di Pisa e vive a Fiesole.

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Il nuovo Cda della Rai (Corriere della Sera, 5 agosto 2015)

GUELFO GUELFI: L’EX LOTTA CONTINUA NEL CDA DELLA RAI
Viene da Lotta continua ed è buon amico di Adriano Sofri. Al Corriere della Sera dice: «Dirigo il Puccini e il teatro, tanto per cominciare, la Rai non lo trasmette proprio. Vedremo in futuro. Sono molto contento della nomina. Prima di aprire bocca, però, voglio aprire la porta. Cioè entrare, vedere, conoscere, capire i problemi. Di sicuro il teatro è una comunità dove conta la programmazione, l’accoglienza ma anche il bilancio. Così anche per la Rai sarà importante trovare per prima cosa il bandolo della matassa. Altrimenti si parla a vanvera». Renziano di ferro? «Di carne e ossa — si schermisce —. Quando ero giovane io, si diceva: quello è comunista, quello è democristiano. Oggi si dice quello è renziano. Ebbene: io non ho in tasca nessuna tessera renziana, io sono molto amico di Matteo Renzi (e del padre Tiziano, ndr), lo stimo, ho fatto parte del suo laboratorio politico. Ma non credo nella vita sia importante essere renziani o grillini: è più importante essere gentili, per esempio». Da Renzi, scrive sempre il Corriere, ha ricevuto un sms lapidario: «Buon lavoro». Al premier piacciono poco i talk show. Lui condivide: «Da noi se ne trasmettono in dosi da far venire l’orticaria. Ci sono pure nella tv anglosassone, ma non in dosi massicce come da noi. La tv moderna non può essere fatta solo di talk show». Scherza infine sul suo nome: «Io sono una contraddizione, da sempre sono diviso tra guelfi e ghibellini. Vediamo alla Rai quale parte di me prevarrà». Sul suo profilo Facebook ha scritto:

È andata così. Una bella sorpresa che il Parlamento mi ha voluto fare. Grazie. Grazie a tutti quelli che mi hanno dato fiducia. Ora, dopo aver risposto alle congratulazioni e all’affetto di tanti amici, ci mettiamo al lavoro. La Rai: una grande Azienda di comunicazione che spero di aiutare a divenire, più prossima, più trasparente, più tecnologica, più giovane, più divertente. La comunicazione di bandiera si farà onore. Tutte le mie capacità al vostro servizio.

 
UN SETTANTENNE IN RAI

Mattia Feltri sulla Stampa lo dipinge così:

E qui ci tocca l’annotazione antipatica, ma si sarà notata l’età media non bassissima di questo cda, tanto per capire come nella circostanza si sianomodificatiicriteridellarottamazione. Quanto a Guelfi, ci è ripiombato nelle pagine chissà da quale angolo: militava in Lotta continua, è stato un dei testimoni a discarico di Adriano Sofri nel processo per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Forse pensando a lui, a Guelfi, Matteo Renzi ha detto che il cda è composto dai «nomi migliori, si può dire tutto ma non che sono di stretta appartenenza al club renziano.Nonsononomiinventati tra Scandicci e Pontassieve». Appunto: Guelfi è di Pisa. Ed è un vecchio e tenace amico del babbo del premier. Per il figliolo ha curato la comunicazione nella campagna elettorale per il comune di Firenze del 2009 e quando ci furono le primarie, e Pierluigi Bersani propose lo slogan “Oltre”, Guelfi osservò che «un partito d’opposizione dovrebbe conquistare il governo, non andare oltre la siepe. Anche perché oltre la siepe si rischia sempre di pestare una merda». Un rischio che si corre anche stando al governo.

E anche Dario Di Vico si muove sulla stessa linea:

Francamente non ci pare che il nuovo consiglio si sia dotato di quei profili professionali e di quelle competenze che dovrebbero servire alla Rai in una stagione che sarà caratterizzata da profonde discontinuità tecnologiche e da rimescolamenti degli assetti di mercato. Mancano figure con esperienze aziendali/gestionali significative o che comunque ne sappiano di televisione.

Leggi sull’argomento: Perché i renziani del PD hanno bocciato De Bortoli alla Rai

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