Opinioni

Il grullo-sovranismo come reality show del riflusso clientelare

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-07-23

In un paese tragicamente fissato sulla bislacca nostalgia per gli anni ’70 e ’80 (che ai bamboccioni vengono dipinti come l’Età dell’Oro, perché non li hanno vissuti) solo un’esigua minoranza si accorge delle impetuose innovazioni che stanno ridisegnando il mondo come i pezzi di un caleidoscopio. Per la gran parte del pubblico telelobotomizzato l’unica innovazione […]

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In un paese tragicamente fissato sulla bislacca nostalgia per gli anni ’70 e ’80 (che ai bamboccioni vengono dipinti come l’Età dell’Oro, perché non li hanno vissuti) solo un’esigua minoranza si accorge delle impetuose innovazioni che stanno ridisegnando il mondo come i pezzi di un caleidoscopio. Per la gran parte del pubblico telelobotomizzato l’unica innovazione percepita sono i cambi di orario nella messa in onda delle fiction e dei reality. Da cui l’illusione che il mondo rimarrà cristallizzato, come il microcosmo degli stereotipi da telenovela; o dei casi umani smaniosi di agguantare il successo prostrandosi ai desiderata di una giuria infarcita di trombonazzi sussiegosi.

In questo stato di sospensione artificiale della realtà ancora ci si aspetta di incassare dalla vita la cambiale (firmata dai politici in campagna elettorale) che dia diritto ad una sinecura stabile pagata profumatamente per venti anni e poi ad una pensione ricca e un lavoretto in nero per arrotandare. Il successo dei grillini poggia su questa aspirazione geneticamente ereditata dai padri che ingrossavano le truppe cammellate del clientelismo meridionale. Al pubblico telelobotomizzato i neo-mastelliani sono apparsi come gli unici in grado di rinnovare e onorare la cambiale, al contrario dei partiti tradizionali, trafitti dai vincoli di bilancio. Quando pure l’attuale governo giallo verde sbatterà il setto nasale contro il muro di cemento armato della realtà, il gregge impazzito cercherà un altro demagogo per trovarsi invece alle prese con la Trojka.

salvini di maio totò peppino

Vignetta di Emiliano Carli su Facebook

Per fortuna la generazione nata in questo millennio, per forza di cose avrà cervello depurato dalle illusioni: i più avveduti si stano già accorgendo che i lavori creati dallo tsunami dell’innovazione non sono definibili nel mansionario da fabbrica fordista o nelle job description da quadro aziendale fantozziano. Anzi è proprio questo il nocciolo della questione: tutti i lavori che possono essere ridotti ad una serie di regole semplici (tipo il cameriere, il cassiere o il magazziniere) verranno trasferiti a robot, o se le regole sono leggermente complesse, a programmi di intelligenza artificiale.

Probabilmente nel CV di domani non faranno premio le posizioni lavorative presenti e passate, ma le caratteristiche personali, come la capacità di networking, le abilità negoziali, il talento innovativo, la gestione delle priorità, il pensiero critico, il gusto del rischio, la perseveranza, tutte doti da dimostrare attraverso obiettivi raggiunti o ricerche pionieristiche effettuate.

Le ripercussioni politiche del cambio di paradigma presto o tardi spazzeranno il riflusso clientelare che fa montare la marea grullo-sovranista. Fino ad allora occorre organizzare la resistenza attiva agli honesti che spacciano per “Decreto Dignità” un minestrone rancido di misure cervellotiche partorite da menti labili. La dignità farlocca costruita su pilastri di slogan si staglia sull’orizzonte politico italiano come l’ultimo bastione dei lavativi. Che si schianterà al primo soffio di spread.

Leggi sull’argomento: Tutto quello che dovreste sapere su Marchionne (prima di aprire la bocca)

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