Opinioni
Beppe, ti ricordi quando scrivevi di Federico?
di Diego De Angelis
Pubblicato il 2018-09-14
Leggere le parole del prefetto di Reggio Emilia sul supporto all’utilizzo del taser mi ha fatto rabbrividire. E’ già di per sé degradante sostenere l’utilizzo di qualcosa che non solo ti stende per il forte dolore muscolare ma ti blocca letteralmente l’utilizzo del cervello per qualche secondo, manco fossimo in una distopia di William Burroughs. […]
Leggere le parole del prefetto di Reggio Emilia sul supporto all’utilizzo del taser mi ha fatto rabbrividire. E’ già di per sé degradante sostenere l’utilizzo di qualcosa che non solo ti stende per il forte dolore muscolare ma ti blocca letteralmente l’utilizzo del cervello per qualche secondo, manco fossimo in una distopia di William Burroughs. Nah, quello che disturba delle parole del prefetto Sbordone è aver dovuto tirare fuori il corpo devastato di Federico Aldrovandi, a tredici anni dalla sua morte. Quanto bisogna essere pragmatici e freddi per arrivare ad affermare affermare che Aldrovandi, se fosse stato fermato col taser oggi sarebbe ancora vivo?
Se ci fosse stato il taser, Aldrovandi sarebbe ancora vivo. Sì, certo. La risposta più intelligente e caparbia l’ha data nemmeno un’ora dopo il padre di Federico, Lino: “Mi viene da pensare che quella maledetta mattina il taser non sarebbe stato da usare su Federico, ma su chi lo stava uccidendo ‘senza una ragione’”. E si è fatto sentire anche il legale della famiglia, Fabio Anselmo, “”Il questore” con le parole pronunciate “ammette che Federico è morto di violenza”.
Chi si ricorda di quegli anni? Intendo del 2005 e dintorni. Berlusconi dominava la scena politica e l’avrebbe dominata per altri cinque anni buoni, eravamo ad un anno dall’ultima parentesi felice della nazione, che era quella della Berlino calcistica. Il G8 di Genova era dietro l’angolo e la cosa più interessante dal punto di vista politico la stava facendo Beppe Grillo con il suo Blog.
Una cosa che ricorderemo, noi trentenni attenti, di quegli anni, fu proprio la morte di Aldrovandi. L’abbiamo vissuta come fosse stata una roba privata, perché noi potevamo essere quel ragazzo. Non potevamo dire ai nostri genitori che chissà quante volte anche noi, studenti universitari delle grandi città, eravamo tornati a casa sbronzi o alterati da qualche droga, presa per gioco e per curiosità. Ci saremmo divertiti, pentiti, e vent’anni dopo ricordato di quei giorni in cui si facevano le cazzate. Ecco, io e voi lo ricorderemo, Federico no.
Perché nessuno capiva, dall’alto dei cieli delle aristocrazie televisive e dei salotti politici, che un diciottenne non può morire ammazzato dalla polizia?
Mi ricordo che, a parte tutti i movimenti di sinistra e studenteschi che avevano preso a cuore la cosa, a difendere il corpo devastato di Aldrovandi c’era Beppe Grillo. Che scriveva cose su Internet che pesavano e pesano ancora oggi se uno se le va a rileggere. Ringraziamo la possibilità della rete di poter tornare in un attimo indietro nel tempo.
Dal 2007, giorno in cui il pezzo è stato scritto, quante cose sono successe? Se potessimo attraversare la storia d’Italia come in una galleria fatta di fotogrammi, vedremo i volti dei partecipanti del Vaffa Day, Monti, il governo Letta, Renzi, ancora Berlusconi, la fine della Lega, la rinascita della Lega, la cavalcata di Salvini.
E se la storia del ragazzo di Ferrara, dei suoi assassini e del prefetto di Reggio Emilia è quello di un film drammatico che nemmeno Ken Loach poteva immaginarsi, oggi qualcuno potrebbe vederci pure i connotati del giallo e del mistery. Tipo, Beppe Grillo, che fine hai fatto? Che fine ha fatto l’uomo che scriveva “Ascoltatemi bene: non ce la faccio più a vivere in uno Stato come questo”?
Quando lo scrivevi non avevi nessun potere politico. Eri un comico che di colpo aveva voglia di cambiare la mentalità di un Paese che dicevi abitato da vecchi conservatori e fascisti. Oggi hai la maggioranza del Parlamento e, se non ce l’hai tu, ce l’hanno quelli che tu hai ispirato per anni. Hai la possibilità di parlare non più come comico, ma come leader politico. E mi chiedo quindi che fine abbiano fatto le promesse che facevi nel 2007. Perché mi ricordo di tutte quelle volte che hai scritto di Federico Aldrovandi, di quando incontravi la famiglia, di quando la difendevi dagli attacchi delle destre e dagli insulti dei populisti. Di quando hai scritto che l’unico testimone dell’omicidio, che non fosse sparito, era una donna del Camerun. L’hai scritto in grassetto Camerun, come per farci intuire che, boh, da quelle parti le persone sono più sincere che tra le nebbie ferraresi.
Hanno preso Federico oggi, l’hanno preso e l’hanno usato come simbolo per un futuro fatto di taser, sgomberi, manganelli, spari gratuiti (come quello avvenuto qualche ora fa a Genova). E ora che fai? Siete al governo con quello che giustifica la violenza nelle parole, la violenza istituzionale delle forze di polizia. Potresti dirgliene due, o fargliene dire due a uno dei tuoi politici. Non dico che devi dire qualcosa di sinistra, nemmeno di civiltà, io dico che dovresti essere di nuovo quel Grillo del 2007. Eri davvero uno che ci teneva alla questione sociale o stavi semplicemente testando il tuo futuro elettorato? Forse sei troppo occupato a scrivere articoli su Renzi, sul PD o sui vaccini. Non lo so, però io me lo ricordo ancora, che tu scrivevi “non ce la faccio più a vivere in uno Stato come questo”. E tu ora sei questo Stato.