Opinioni
Le storie delle famiglie che tengono i malati in casa per dare l’ultimo addio
Mario Neri 22/03/2020
Il Corriere di Bergamo oggi pubblica un’intervista a Mario Sorlini, 66 anni, medico di base da 41 ad Albino, comune italiano di 17772 abitanti della provincia di Bergamo in Lombardia. Il dottore racconta una serie di storie terribili riguardo le famiglie che si tengono i malati in casa con sintomi sospetti di Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 […]

Il Corriere di Bergamo oggi pubblica un’intervista a Mario Sorlini, 66 anni, medico di base da 41 ad Albino, comune italiano di 17772 abitanti della provincia di Bergamo in Lombardia. Il dottore racconta una serie di storie terribili riguardo le famiglie che si tengono i malati in casa con sintomi sospetti di Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 per paura di non rivederli mai più: «Adesso le famiglie cercano di tenerli il più possibile a casa. Ti dicono: lo lasci qua, dottore, perché se va in ospedale non lo rivedo più».
Non deve essere facile nemmeno dal punto di vista umano.
«Non lo è, alcuni pazienti sono diventati amici, molti sono ormai conoscenti. È gente che hai curato 40 anni, studiando e ristudiando i dosaggi. E poi in un attimo pam, pam: muoiono».Ci dà qualche dato?
«Ho avuto 15 morti in 20 giorni, di solito è il numero di un anno. C’è una sottostima clamorosa, io credo che siano almeno 10 volte di più dei dati ufficiali. Ho 18 pazienti in Rianimazione, 6 o 7 polmonitici a casa, altri 150 malati. Ripeto: hanno tutti sintomi da Covid19. Le telefonate sono 50 al giorno. Il più giovane aveva 62 anni e ne ho uno di 51 in Terapia intensiva».Quando ha capito che la situazione era così grave?
«Subito dopo la domenica in cui hanno chiuso il Pronto soccorso di Alzano. Quella settimana si sono ammalati tutti, intere famiglie».Nella sua carriera c’è un evento paragonabile?
«Venticinque anni fa c’era stato un picco di influenza con morti e tutti erano andati nel panico, ma poi la si era risolta col vaccino. Oggi è sconvolgente».
Intanto alle 2 di questa notte è atterrato all’aeroporto di Bergamo, Orio al Serio, un C-130 dell’Aeronautica Militare Italiana con 16 letti di terapia intensiva che saranno smistati negli ospedali più in difficoltà della Bergamasca, epicentro dell’epidemia di Coronavirus. Il velivolo + partito alle 18.30 di oggi da Pisa diretto a Dusseldorf in Germania per poi tornare in Italia stanotte con le unita’ di cura intensiva fatte da letti e monitor. L’operazione umanitaria + promossa dalla Hope Onlus che ha chiesto al ministero della Difesa l’uso dell’aereo militare per trasportare i 16 ventilatori polmonari acquistati. La no profit, peraltro, ha già donato 7 ventilatori polmonari e ne donerà altri 26 nei prossimi giorni. Fra lunedì e martedì donerà e consegnerà personalmente 11 ecografi portatili agli ospedali di prima linea lombardi.
I ventilatori importati stanotte dalla Germania erano fermi da 4 giorni all’aeroporto di Dusseldorf, a causa della riduzione dello spazio aereo commerciale privato. Con l’intervento del generale Giuseppe Ciniglio Appiani, capo dell’Istituto di Medicina Aerospaziale dell’Aeronautica Militare di Milano e’ stato possibile l’assenso notturno del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e far partire il velivolo. La consegna e l’installazione delle nuove 16 postazioni di terapia intensiva e’ prevista entro le 8 di domani mattina con l’aiuto di 15 tecnici medicali. La velocità di consegna ai luoghi di destinazione finale e’ garantita da un trasporto straordinario di tre camion dedicati effettuato dalla Croce Rossa. Hanno collaborato all’operazione l’ambasciata italiana in Germania e gli Uffici Doganali che hanno avviato una pratica di sdoganamento urgente per facilitare l’arrivo delle apparecchiature agli ospedali beneficiari al più presto possibile. La fondatrice della Onlus e’ la dottoressa Elena Fazzini ed e’ specializzata in progetti sulla salute e sull’educazione, operativa in Medio Oriente e in situazioni di emergenza.