Opinioni
Draghi, lockdown e Dpcm: dove sono finiti ora quelli che gridavano al “regime” di Conte?
di Lorenzo Tosa
Pubblicato il 2021-03-09
Per mesi hanno gridato al “golpe”, alla “dittatura sanitaria”, hanno tuonato contro il “governo degli incapaci”, invocato “libertà” e preteso “nuove aperture”: oggi a Palazzo Chigi siede un nuovo governo che applica le stesse identiche misure, ma i novelli Robespierre si sono trasformati in docili scendiletto e paggetti di corte
Dov’è finito lo chef Gianfranco Vissani che invitava i ristoratori alla “rivoluzione” contro il governo Conte per i mancati ristori? Qualcuno ha più notizie di Flavio Briatore, che per nove mesi ha continuato a ululare di “governo di incapaci” e “gente che non ha mai lavorato”? Che ne è stato di Carlo Taormina che denunciava il governo per “strage”? Dove sono finiti No-vax, negazionisti, gilet arancioni e camicie nere che scendevano in piazza un sabato sì e l’altro pure a manifestare contro la “dittatura sanitaria”? E ancora, che fine ha fatto Matteo Salvini che tuonava contro il “regime” di Giuseppe Conte e i Dpcm usati per spezzare le reni alla democrazia? E qualcuno ha più traccia del professor Sabino Cassese che gridava al “golpe” contro la Costituzione?
Un mese dopo tutto è rimasto come prima
È passato ormai un mese dall’insediamento di Mario Draghi come Presidente del Consiglio dei Ministri. Oggi abbiamo un nuovo governo, due terzi dei ministri sono cambiati, Giuseppe Conte è tornato (per poco) ad insegnare all’Università e, al suo posto, a Palazzo Chigi, siede il premier più taciturno della storia repubblicana. Le differenze, più o meno si esauriscono qui. Per il resto, tutto o quasi è rimasto identico a come lo avevamo lasciato: i morti (100.000 da inizio pandemia) continuano a crescere, i contagi aumentano, i Dpcm sono ancora lì, i ristoratori sono ancora chiusi, i commercianti continuano ad essere alla canna del gas, i vaccini a rilento e il lockdown imminente.
Eppure, se un marziano sbarcato oggi sul pianeta Terra si sintonizzasse su un programma a caso di qualunque canale, si convincerebbe che Mario Draghi “l’alieno” in appena trenta giorni abbia fermato la pandemia con la sola imposizione delle mani, bloccato i contagi, resuscitato i morti, sottoposto le chiusure a referendum, inaugurato nuovi bistrot, versato dobloni nelle casse dei negozi con il sacco di juta, le renne e il cappello rosso in testa, vaccinato personalmente anziani, insegnanti e bambini e spalancato le frontiere a mani nude.
“Non esiste alcun governo sadico che si diverte ad affamare gli italiani”
La verità è che non solo non ha fatto nulla di tutto questo, ma non avrebbe potuto fare neanche un centesimo. Nessuno avrebbe potuto farlo. La verità è che non esiste alcun governo “sadico” che si diverte ad affamare gli italiani. Se ne facciano una ragione i Vissani, i Briatore, i “ristoratori ribelli” pronti a marciare su Roma. Esiste solo la realtà di un virus che esiste e prolifera a prescindere dai governi, che se ne infischia degli slogan e delle polemiche da bar, che non guarda i colori politici, ma in compenso è piuttosto sensibile ai colori delle zone, e di solito tende ad essere abbastanza allergico alle zone rosse, ieri come oggi.
Chi si era illuso che, cambiando esecutivo e mandando a casa Conte, magicamente la pandemia sarebbe arretrata, che i ristori sarebbero incominciati a cadere a pioggia e che saremmo potuto tornare tutti a mangiare fuori la sera, sarà rimasto deluso. La terza ondata è cominciata, come i virologi seri ci ripetono da settimane, il nuovo lockdown nazionale ormai alle porte, con quel nome così pomposo e vagamente minaccioso, “super zona rossa”: roba su cui fino all’altro ieri ci avrebbero costruito programmi, organizzato maratone, riempito palinsesti e che, invece, in un Paese narcotizzato dalla propaganda unica di governo.
Il governo dei “migliori”
Ma, in fondo, che importa? L’importante è che oggi al governo ci siano finalmente i “migliori”, nel silenzio di novelli Robespierre diventati, nel frattempo, docili scendiletto e paggetti di corte, a spartirsi i miliardi che altri hanno portato a casa. Quello che resta, sul fondo, è quella inconfondibile sensazione di déjà-vu che ti afferra ogni volta che la gran cassa mediatica saluta l’ennesimo “uomo della provvidenza”. Il problema non è Draghi, che è figura di prestigio e spessore. Il problema è chi, più o meno in buona fede, gli ha attribuito il potere quasi messianico di fermare una pandemia. Il virus, in qualche modo, lo sconfiggeremo. Di certa politica, di questa ipocrisia, di tali personaggi, non ce ne libereremo mai.