Dove vanno a finire gli abiti che metti nei cassonetti gialli dell'AMA

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-09-30

Ti sei mai chiesto dove vanno a finire gli abiti che lasci nei cassonetti gialli dell’AMA? Oggi l’Antitrust ha sanzionato Ama con una multa di 100mila euro per “pratiche commerciali scorrette”: dalle scritte sui cassonetti infatti “si poteva ritenere che la raccolta” fosse per “fini umanitari mentre si è accertato l’uso a fini commerciali”. Ama …

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Ti sei mai chiesto dove vanno a finire gli abiti che lasci nei cassonetti gialli dell’AMA? Oggi l’Antitrust ha sanzionato Ama con una multa di 100mila euro per “pratiche commerciali scorrette”: dalle scritte sui cassonetti infatti “si poteva ritenere che la raccolta” fosse per “fini umanitari mentre si è accertato l’uso a fini commerciali”. Ama ha fatto sapere che sta valutando azioni a sua tutela. Multe anche a due consorzi Sol.co e Bastiani per 100mila euro il primo e 10mila il secondo. E proprio Sol.co e Bastiani sono al centro della parte dell’inchiesta romana relativa al commercio di vestiti usati. Negli atti i magistrati delineano l’attività del presidente del consorzio Sol.co Mario Monge, che a giugno era stato messo ai domiciliari, proprio riguardo l’affare degli abiti usati, quelli che si buttano nei raccoglitori di colore giallo posti vicino ai cassonetti dei rifiuti. Gli abiti non erano usati per scopi benefici ma, ha scoperto l’inchiesta, venivano destinati al Nord Africa e all’Est Europa. A Roma l’affidamento avveniva grazie ad Ama, l’azienda che cura la raccolta dei rifiuti urbani. Dunque attraverso gare ad affidamento diretto i consorzi portavano avanti la finta raccolta destinata ai poveri, indumenti che venivano invece immessi sul mercato di paesi poveri. E a Roma ciò, aveva evidenziato il gip, “non poteva avvenire senza il benestare di Buzzi”. E dunque di Carminati. I magistrati hanno accertato che Massimo Carminati e Salvatore Buzzi avrebbero fatto pressioni su Ama per avere coop di fiducia che potessero occuparsi della raccolta dei vestiti.
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Non solo: gli abiti non venivano nemmeno igienizzati secondo le norme vigenti e venivano addirittura messi sui camion chiusi negli stessi sacchetti lasciati dai donatori. In caso di ispezione, solo alcuni sacchetti, quelli più visibili, erano bianchi e pieni di indumenti regolarmente trattati. E i camion viaggiavano con una documentazione falsa. Inoltre nel gennaio scorso un’operazione della squadra mobile di Roma ha fatto venire alla luce che la centrale di raccolta era in Campania ed era nelle mani del clan camorristico dei fratelli Cozzolino. L’operazione portò all’arresto di 14 persone perché coinvolte nei traffici illegali. In serata Ama comunicato di aver ” già chiarito all’Autorità preposta che sono state messe in atto tutte le azioni volte a sollecitare i fornitori del servizio di raccolta differenziata di indumenti usati a provvedere alla collocazione di adesivi informativi conformi al modello loro fornito dall’azienda prima dell’avvio del servizio stesso”. L’azienda fa sapere che “gli indumenti usati vengono raccolti in contenitori gialli collocati su tutto il territorio di Roma esclusivamente come frazione per la raccolta differenziata. Vengono poi valorizzati attraverso le apposite filiere di recupero, come avviene per altre tipologie di rifiuto raccolte in contenitori dedicati (vetro, carta, metalli, ecc.)”.
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