Politica
De Benedetti, tessera n. 1 del PD: «Al referendum potrei votare no»
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2016-07-09
Il presidente del Gruppo Editoriale l’Espresso chiede di cambiare l’Italicum. Su Renzi il suo giudizio resta positivo
Al referendum di ottobre “spero di non essere costretto a votare no. La riforma ha molti aspetti positivi. Ma se l’Italicum non cambia, esprimerò la mia contrarietà. Per questo mi auguro che intervenga la Consulta. O che lo cambi prima Renzi”. Lo afferma in un’ampia intervista al Corriere della Sera Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale L’Espresso. I 5 stelle? “Sono la concretizzazione democratica della ribellione alle élite”. “Non sono tra chi considera la Costituzione intoccabile”, sottolinea. “Io il 1946 me lo ricordo. Ero rientrato nell’agosto del ’45 da due anni di campo profughi in Svizzera. La prima preoccupazione era che non potesse tornare il fascismo. La nostra Costituzione, con due Camere che fanno lo stesso lavoro come in nessun altro Paese, è anche figlia della paura dell’errore. Oggi le condizioni sono del tutto mutate”. “Il combinato disposto della proposta di modifica costituzionale, e di una legge elettorale pensata per un sistema bipolare in un sistema tripolare, consente a una minoranza anche modesta di prendersi tutto, dalla Camera al Quirinale. È un pericolo che l’Italia non può correre”. Per De Benedetti “uno non può fare una legge elettorale in base alla situazione esistente; ma non può non tenerne conto. Altrimenti Renzi rischia di diventare il Fassino d’Italia”.
“Al ballottaggio i secondi e i terzi arrivati si alleano contro il primo. Non è politica; è aritmetica”. I 5 stelle “contestano quello che c’è ma non si sa esattamente cosa vogliano. Ora si preparano a diventare classe di governo: Grillo dice che non è contro l’Europa ma contro ‘questa Europa’: cosa significa, come la vorrebbe cambiare? La Raggi annuncia che vuole Roma pulita; bene, lo voglio anch’io; ma come? Di Maio vuole il reddito di cittadinanza; bene, ma chi lo paga?”. “È come se lampadine di colore differente si accendessero tutte insieme in varie parti dell’Occidente, a segnalare il rischio del populismo. In Italia Grillo, in Austria e in Ungheria il paranazismo. In Inghilterra il populismo si è chiamato Brexit, negli Usa si chiama Trump, in Francia Marine Le Pen. Sono movimenti diversissimi tra loro, ma indice di uno stesso disagio”. Su Renzi il suo giudizio resta positivo, ma “è un formidabile storyteller di cose che vanno bene. Oggi l’economia, il lavoro, le banche non vanno bene”. Il premier dovrebbe “ribellarsi alle regole europee su due punti. Primo: nazionalizzare le banche che non ce la fanno da sole”. E poi “sul vincolo del 3% per investire sul sapere. Collegare alla banda larga tutte le scuole sarebbe il vero modo di cambiare verso”.