Ddl Zan, cosa succede oggi (ma i numeri continuano a preoccupare)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-07-14

Nel pomeriggio di Palazzo Madama è bagarre sul disegno di legge: la maggioranza respinge le pregiudiziali, oggi il voto sulle sospensive. Emendamenti entro martedì, poi si potrà procedere al voto. Iv e Autonomie chiedono la mediazione

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Si è concluso con un voto sulle pregiudiziali il primo round al Senato sul Ddl Zan, oggi e domani il dibattito sulle sospensive e poi la data di martedì 20 luglio entro cui presentare gli emendamenti. Solo dopo comincerà la vera conta in aula che si concluderà con il voto.

La giornata di ieri è stata preparatoria rispetto a quello che sarà il dibattito sul disegno di legge per combattere l’omotransfobia. La Russa dopo l’intervento di Grasso pare sorpreso. Le parole sono nel pieno stile Fratelli d’Italia, ma il tono è quello di chi ha appena visto l’ex magistrato cambiare il colore del volto per la rabbia. Il Presidente del Senato della precedente legislatura aveva appena finito di attaccare la nuova inquilina della sedia più importante di Palazzo Madama. Pd, M5s e Leu sono andati su tutte le furie quando la Casellati a pochi minuti dall’inizio del dibattito convoca la capigruppo per tornare a cercare una mediazione. A chi la attacca dicendo di assecondare la melina del centrodestra, lei risponde così “La mia decisione era già presa, come emerge dalla nostra chat, ho già deciso”. Si erano accordati per le vie brevi insomma.

Gli schieramenti ideologici in Aula sono diversi da quelli elettorali. Il fronte della mediazione è ampio, oltre al centrodestra ci sono i 17 senatori di Italia Viva e gli 8 eletti delle Autonomie. Dovessero votare così ca va sans dire che per il progetto di Alessandro Zan non ci sarebbe storia. Il voto sulle pregiudiziali non muta però gli equilibri, le istanze di Pillon e Balboni non vengono accolte e si va avanti con 124 favoreli, 4 astenuti e 136 contrari. Una maggioranza c’è, sebbene sia minima. Ma il pomeriggio di Palazzo Madama rimane infuocato.

Ddl Zan, entro martedì gli emendamenti. Poi il voto ma i numeri continuano a preoccupare: Iv, Autonomie e centrodestra chiedono una mediazione

Il primo ad intervenire è Renzi che comunica subito come Italia Viva non voterà a favore delle pregiudiziali. Ma non basta. Dopo aver portato il suo partito dal lato giusto della discussione, invita la maggioranza del Conte-bis alla mediazione, chiedendo l’intervento sugli articoli 1, 4 e 7. “Ora siamo a un passo, a un centimetro e io qui ragiono di politica: o fate di quest’Aula un luogo in cui gli ultrà si confrontano e non si porta a casa il risultato – dice nel suo intervento l’ex sindaco di Firenze – lo scrutinio segreto è un rischio per tutti o si assume la responsabilità politica di trovare un accordo che è a portata di mano, è a un passo, il punto è anche un accordo di metodo”. Un intervento a cui fanno eco tutti i senatori degli scranni di centrodestra. Stesso discorso per Malan di Forza Italia, che poi accusa lo stesso Renzi di non aver dato seguito alle istanze di Lega e FdI sebbene la pensasse sostanzialmente allo stesso modo. Poi è il turno di Salvini. “È drammatico che in Italia ci sia ancora chi ha paura di dire “sono gay” o “sono lesbica” – comincia il leader del carroccio -. Prendiamocela con quei paesi che per l’omosessualità prevedono la pena di morte, l’ergastolo o il carcere. Non voglio fare affari con l’Iran, dove l’omosessualità è punita con la pena di morte. Ma lasciamo fuori i bambini, e troviamo una mediazione”.
L’appello di Salvini si scontra con l’intervento di Loredana De Petris, capogruppo di Liberi e Uguali al Senato che evidenzia come tra i paesi più ostili all’omosessualità ci sia l’Ungheria di Orban con cui Salvini e Meloni hanno da sempre molto in comune.

Il dibattito interno alla maggioranza che era dell’ex governo giallorosso rimane comunque turbolento. E il successo di ieri potrebbe essere anche un pericoloso segnale politico. Il conteggio ha messo a nudo, ancora, la forbice minima tra chi appoggerà il Ddl Zan e chi invece non lo vuole. E’ evidente che anche solo se una parte di Italia Viva dovesse votare in maniera contraria il disegno di legge salterà. E se anche il partito di Renzi dovesse mantenere i patti, le insidie potrebbero essere altrove. Esiste l’ala più cattolica del Partito Democratico rappresentata da Base Riformista che fino a questo momento ha mantenuto una posizione fredda sugli articoli 1, 4 e 7. Anche all’interno del Movimento cinque stelle non sembra esserci solidità, l’unica garanzia potrebbe essere la vicinanza del gruppo al Senato con l’ex premier Conte. In questi giorni si paventa l’ipotesi dello sgambetto del giurista pugliese a Draghi, però la stilettata potrebbe aversi sulla giustizia più che sui diritti civili. Dubbi arrivano anche da Julia Unterberger, capogruppo delle Autonomie. Sarebbero sufficienti i loro otto senatori a ribaltate l’esito di una trattativa che va avanti da anni. Le insidie sono tutte nel voto segreto.

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