Cosa c'è di sbagliato nel taglio del cuneo fiscale

di Federico Stoppa

Pubblicato il 2014-09-16

Il piatto forte della nuova legge di stabilità aiuta le tasche di cittadini e imprenditori, quindi non è un male. Ma il nostro problema è la domanda aggregata. Le maggiori risorse in busta paga andrebbero solo a ricostituire i risparmi erosi dalla crisi

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Il piatto forte della nuova Legge di Stabilità sarà l’abbattimento della pressione fiscale su imprese e lavoratori – il cosiddetto cuneo fiscale – per circa 20 miliardi di euro. Le risorse verranno, a detta del Governo, da un simmetrico taglio della spesa pubblica. Com’è noto, la riduzione del cuneo fiscale ha tre obiettivi: a) sostenere le esportazioni delle imprese, riducendo il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP); b) incentivare la domanda di lavoro; c) sostenere i consumi delle famiglie. Vi sono tuttavia alcune perplessità sui benefici effettivi di tale misura.
 
I PROBLEMI DEL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE
Primo. La perdita di competitività delle imprese italiane negli ultimi quindici anni non è dovuta all’alto costo del lavoro, che anche al lordo delle imposte si è mantenuto ben al di sotto di quello tedesco e francese, ma piuttosto alla debole dinamica della produttività. Tant’è che il secondo governo Prodi (2006-07) e il governo Monti (2011-2012) avevano già ridotto la componente del cuneo che gravava sulle imprese di circa 10 miliardi, senza che questo migliorasse la competitività delle nostre aziende.

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Il cuneo fiscale in area Ocse (infografica Ansa-Centimetri)

Secondo: le imprese pianificano le assunzioni in base all’andamento del PIL, che anche quest’anno, secondo le ultime previsioni dell’OCSE, sarà negativo. Senza una ripresa della domanda aggregata difficilmente l’abbattimento del cuneo avrà effetti significativi sul mercato del lavoro. A questa obiezione in genere si risponde che la riduzione del cuneo fiscale libererà risorse per i consumi, permettendo così di rilanciare la domanda interna. Ma in deflazione le famiglie posticipano gli acquisti. Le maggiori risorse in busta paga andrebbero così a ricostituire i risparmi erosi dalla crisi, com’è avvenuto per gli 80 euro renziani, più che essere spesi. Infine, non bisogna scordare che i tagli alla spesa pubblica bloccheranno un altro motore di crescita della domanda, aggravando ulteriormente il quadro macroeconomico.
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Il cuneo fiscale: cos’è (infografica Ansa Centimetri)

L’AGENDA SETTING
Se si prendesse coscienza della gravità della situazione, si studierebbero ben altri interventi di politica economica; come un grande piano di piccoli investimenti pubblici finanziato dalla Cassa depositi e prestiti, in settori ad alta intensità di lavoro e conoscenza (scuola, ricerca, manutenzione del territorio, valorizzazione del patrimonio culturale, etc), accompagnato ad una incisiva redistribuzione della ricchezza – oggi il decile più ricco delle famiglie italiane possiede la metà dei patrimoni complessivi, mentre la povertà riguarda 10 milioni di persone – in modo da sollecitare la propensione al consumo. Siamo sulla rotta del Titanic. Ma a chi segnala la prossimità dell’iceberg e l’urgenza di svoltare, il capitano della nave continua a ripetere: “Signor mozzo io non vedo niente/ c’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole/ andiamo avanti tranquillamente” (F. De Gregori, I muscoli del capitano).

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