Cosa succede se la Cina svaluta lo yuan

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-08-11

La Banca Centrale ha annunciato di aver svalutato la sua moneta del 2% nei confronti del dollaro. Secondo alcuni analisti la mossa prelude alla liberalizzazione del cambio. Per altri, più realisticamente, si tratta solo della classica svalutazione competitiva

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La Banca centrale cinese ha annunciato a sorpresa di aver svalutato lo yuan di circa il 2% nei confronti del dollaro. La misura è diretta a sostenete la riforma del mercato e la ripresa della seconda maggiore economia mondiale. L’operazione annunciata rappresenta la più importante svalutazione della moneta cinese dalla riforma del sistema di cambio, avvenuta nel 2005 e intende sostenere le esportazioni cinesi. La Banca del popolo cinese ha spiegato che il tasso di riferimento per lo yuan nei confronti del dollaro è ora fissato a 6,2298 rispetto al 6,1162 di ieri, con un calo effettivo dell’1,86%.
 
COSA SUCCEDE SE LA CINA SVALUTA LO YUAN
«Il mercato – ha spiegato la People’s Bank of China in un documento pubblicato sul suo sito – giocherà un ruolo sempre più importante nel determinare i tassi di cambio, con l’obiettivo di facilitare il bilanciamento dei flussi di import e export. Attualmente, le condizioni internazionali dell’economia e della finanza sono molto complesse e una situazione del genere impone nuove sfide». Nello stesso documento l’istituzione precisa che «monitorerà il mercato dei cambi, in attesa che si stabilizzino le sue aspettative». Secondo gli analisti la mossa potrebbe essere propedeutica alla liberalizzazione del cambio: «Una mossa rivoluzionaria che migliora la formazione del tasso di cambio cinese» dicono a Barclays. Secondo gli economisti invece con la mossa di oggi la Cina si infila nella guerra delle valute, e seguiranno reazioni da parte di quelle banche centrali che stanno cercando di rendere maggiormente competitive le loro economie usando la leva del cambio. Forse però la spiegazione è molto più semplice: a luglio l’export cinese ha subito un tonfo, scendendo dell’8,3% rispetto all’anno precedente. Un sentore di difficoltà che potrebbe aver spinto la Banca centrale cinese ad agire. Questo è il secondo intervento delle autorità nell’economia cinese in pochi giorni dopo la mossa per arginare la caduta della borsa di Shanghai. Proprio oggi, tra l’altro, è arrivata la notizia di una nuova frenata, dopo il -2,3% a giugno, per il mercato dell’auto cinese, con le immatricolazioni scese a luglio del 7,1% verso un anno prima a 1,5 milioni di unità, il calo più pesante dal febbraio 2013. Le immatricolazioni di nuove auto in Cina sono scese a luglio per il quarto mese di fila, il periodo più lungo di calo negli ultimi 5 anni. La flessione del mercato cinese ha spinto numerosi costruttori, americani, giapponesi ed europei, a rivedere in calo le loro attese sui risultati annuali. Il Sole 24 Ore segnala inoltre che “La mossa può avere un impatto ribassista sulle materie prime perché segnala la preoccupazione delle autorità cinesi per lo stato di salute dell’economia. Sul mercato valutario tutte le monete asiatiche e in generale quelle dei Paesi che più esportano in Cina potrebbero subire un contraccolpo. Altre banche centrali potrebbero essere tentate di imitare Pechino in una nuova puntata della «guerra delle valute»”.
Dollar Rises Most Since August As China Rate Increase Saps Risk
COME L’HANNO PRESA GLI STATI UNITI
Sul piano politico la mossa ovviamente non piacerà agli Stati Uniti, che da anni chiedono una rivalutazione dello yuan. Il presidente cinese Xi Jinping sarà in visita ufficiale negli Stati Uniti a fine settembre e il tema sarà sicuramente sollevato da Obama. Non sembra comunque all’orizzonte una fuga di capitali dalla Cina, mentre è probabilmente questo il periodo più favorevole per visitare il paese. Secondo la Banca centrale, intanto, i finanziamenti accordati dagli istituti sono saliti il mese scorso a 1.480 miliardi di yuan (217 miliardi di euro), dai 1.270 miliardi di giugno e i 901 miliardi di maggio. Il dato e’ gonfiato dalle misure di sostegno varate dal Governo di Pechino a fine giugno per fronteggiare il crollo delle piazze azionarie (-30% in tre settimane). Com’era prevedibile, intanto in Europa i titoli delle case automobilistiche e quelli dei beni di lusso hanno avuto pessime performance sul mercato azionario: la Cina rappresenta infatti un importante mercato per questo genere di prodotti, che è tra i più colpiti dalla svalutazione dello yuan. La mossa è il segno che i leader del paese sono sempre più preoccupati per l’economia, che ha perso competitività, mentre lo yuan è salito rispetto alle altre valute, come lo yen e l’euro. Una serie di tagli dei tassi di interesse non sono riusciti nel rilancio dell’economia, che è stato anche colpita dalll turbolenze sui mercati azionari del paese dopo più di un anno di aumenti senza precedenti. “Lo yuan era diventata relativamente forte come altre valute asiatiche contro il dollaro. Con i timori di un rallentamento economico, svalutare lo yuan era l’unica cosa la Cina non aveva provato dopo le politiche fiscali e monetarie di aumenti di capitale”, ha detto al Guardian Masafumi Yamamoto, strategist senior di Monex a Tokyo.

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